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Teatro Vascello - Via G. Carini 78 (Monteverde | ROMA)
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Un progetto di TSI La Fabbrica dell'Attore // LSD Produzioni e Ass. Culturale Controchiave
"Sono un uomo ridicolo.
Adesso poi loro dicono che sono pazzo..."
Chi è ‘l’uomo ridicolo’? E’ un uomo del ‘sottosuolo’ , cioè di quell’inferno sulla terra abitato da dannati che vivono in cupa solitudine, indifferenza, livore, odio nei confronti degli altri. Essi si sottomettono alle pene di questo inferno, come per una fatalità crudele e misteriosa, e, a un tempo, conservano gelosamente un lucido senso della colpa che li condanna a vivere un’esperienza carica di esaltazione frenetica e sofferente. E allora perché ‘ridicolo’? Perché, a differenza degli altri dannati, quest’uomo ha scoperto il segreto della bellezza e della felicità, il segreto per ‘rimettere tutto a posto’. ‘Ama gli altri come te stesso’ ‘vecchia verità che non ha mai attecchito’… E appunto nell’assurda proposta d’amore per il prossimo si trova tutta la sua ‘ridicolaggine’. Ma, attenzione, quest’uomo ridicolo è consapevole dell’impossibilità di riuscita del suo progetto, eppure nel raccontare, nel ‘predicare’ la ‘vecchia verità’ trova il senso più profondo e l’unico scopo possibile della vita: mostrare la via di salvezza agli uomini pur sapendo che non vi è possibilità di riuscita e di vittoria. Il sogno di un uomo ridicolo è forse la più sconcertante opera di Dostoevskij. Nella situazione paradossale di un uomo che, decidendo di suicidarsi, si addormenta davanti alla rivoltella e ‘sogna’ il suicidio e la vita dopo la morte, lo scrittore, con una partecipazione sconvolgente e appassionata ci racconta come l’umanità si sia rovinata per sempre. E la coscienza che l’uomo non può vivere senza individualità significa che la condizione umana è senza via d’uscita.[…] Quello che posso dire è solo la parte superficiale, visibile, della messa-in-scena di un racconto non scritto per il teatro. Essa si fonda tutta sull’idea del ‘doppio’ e della moltiplicazione dell’Io. Il mio desiderio è quello di rappresentare una umanità che si è condannata alla sofferenza, autoreclusa, serrata e costretta in una metaforica camicia di forza, vista come condizione e impedimento di ogni azione ‘buona’. Non c’è altra possibilità che raccontare, raccontare e ancora raccontare un pensiero allucinato e impotente.
GABRIELE LAVIA
Figura tra le più rappresentative del teatro italiano degli ultimi quarant'anni, Gabriele Lavia debutta come attore teatrale nel 1963 dopo il diploma all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica.
È stato diretto in teatro da molti importanti registi tra i quali Giancarlo Sbragia, Luigi Squarzina, Giorgio Strehler, Mario Missiroli. Regista lui stesso del fassbinderiano Scandalosa Gilda, del noir-erotico Sensi e La lupa, tutti con Monica Guerritore. Negli anni settanta e ottanta partecipa a tre fondamentali pellicole horror come Profondo Rosso, Inferno di Dario Argento e Zeder di Pupi Avati.
Come regista teatrale esordisce nel 1975 con Otello di William Shakespeare e come regista cinematografico, nel 1983 con il film Il principe di Homburg (grazie al quale nel 1984 si aggiudica il Nastro d'Argento al miglior regista esordiente). Come regista d'Opera lirica il suo esordio è nel 1983 con I pellegrini alla Mecca di Gluck.
Come attore cinematografico è stato diretto anche da Francesco Nuti, Dario Argento, Gabriele Muccino, Tonino Cervi, Giuseppe Tornatore, Pupi Avati, Francesco Maselli, Damiano Damiani, Mauro Bolognini. Nel 2004 è il vincitore del Premio Olimpici del Teatro per la migliore regia e per il migliore spettacolo (L'avaro di Molière). Ha prestato la sua voce in alcuni doppiaggi, come Hugo Weaving in V per Vendetta (2005) e Stanley Tucci in Il diavolo veste Prada (2006).
Da dicembre 2010 è il nuovo Direttore del Teatro di Roma.
RITA MARCOTULLI
Pianista italiana tra le più apprezzate a livello internazionale, dopo una formazione classica presso il Conservatorio di Santa Cecilia inizia a collaborare, dai primi anni ottanta, con importanti musicisti europei e americani come John Christensen, Palle Danielsson, Peter Erskine, Richard Galliano, Steve Grossman, Joe Henderson, Hélène La Barriere, Joe Lovano, Marilyn Mazur, Charlie Mariano, Tony Oxley, Michel Portal, Enrico Rava, Michel Bénita, Aldo Romano, Kenny Wheeler.
Nel 1987 la rivista "Musica Jazz" la nomina miglior nuovo talento musicale dell'anno. Dal 1988 al 1990 fa parte della band di Billy Cobham. Tra il 1994 ed il 1996, collabora con Pino Daniele, Roberto Gatto, Ambrogio Sparagna, Bob Moses, Charlie Mariano, Marylin Mazur. Suona nel 1996 con Pat Metheny per il festival di Sanremo. Da 14 anni accompagna Dewey Redman in tutti i suoi concerti. Autrice di una discografia numerosa e importante, bisogna perlomeno citare l'incisione in duo con Andy Sheppard "On The Edge Of A Perfect Moment", il piano solo di "The Light Side Of The Moon" e "Us and them", omaggio ai Pink Floyd.
Rita Macotulli ha vinto quest'anno il Premio Ciak d'oro e il Nastro d'argento per la miglior colonna sonora del film "Basilicata Coast to Coast" di Rocco Papaleo.
Biglietti: intero 20,00euro, ridotto15,00euro
Prenotazioni e informazioni email: promozione@teatrovascello.it oppure per telefono 065898031, 06 5881021
TEATRO VASCELLO UNO SPAZIO DI LIBERTA’ DOVE L’IMMAGINAZIONE DIVENTA REALTA’
Teatro Stabile d'Innovazione, Ricerca, Formazione e Promozione di nuovi linguaggi
VIA GIACINTO CARINI 78 ROMA MONTEVERDE 00152
Come raggiungerci: Il Teatro Vascello si trova in Via G. Carini 78 a Monteverde Vecchio (Roma) sopra a Trastevere, vicino al Gianicolo. Con mezzi privati: Parcheggio per automobili lungo Via delle Mura Gianicolensi, a circa 100 metri dal Teatro.
Con mezzi pubblici: autobus 75 si ferma proprio davanti al teatro Vascello e si può prendere da stazione Termini, Colosseo, Piramide, oppure il 44, il 710, 870, 871. Treno Metropolitano che si può prendere da Ostiense fermata Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello.
Se vi trovate nei pressi di Lucca durante l’ultimo week-end di ottobre, dovete stare molto attenti. Potreste imbattervi in Mazinga che vi prende per il collo e vi lancia dentro un padiglione. O in Ken il guerriero, che con la mossa di Hokuto Hyakuretsu Ken, vi trancia in mille pezzi e vi spedisce nell’area Games.
Si, perché nell’ultimo week-end di ottobre, a Lucca, si svolge una fiera speciale. La fiera di Lucca Comics and Games. Con un centinaio di migliaio di persone, centinaia di cosplayers e decine di manifestazioni, Lucca si trasforma in una mostruosa macchina di divertimento, in cui tutti, dai grandi ai piccoli, trovano ciò che cercano. I loro idoli.
Non c’è da stupirsi se ci si imbatte in un uomo in giacca e cravatta con sotto braccio le ali di Sailor Moon. O in un bambino che si muove sull’inconfondibile Rat-Mobile.
O se V (per Vendetta) vi sbatte dietro la schiena e vi chiede scusa.
Lucca Comics and Games è questo. E’ la fiera di fumetti più grande d’Italia che ammalia, stupisce e diverte.
Usciti dalla stazione, seguite la fiumana di gente e vi ritroverete all’interno delle mura della città. Nell’area Comics. Dove decine di padiglioni esplodono da Piazza San Michele a Piazza Napoleone. Da Piazza San Giusto a Piazza San Giovanni.
Migliaia di fumetti sono esposti sugli stand, lungo i vicoli di tutta la città. Così come magliette, action-figures, peluches e gadgets. Oggetti che si trasformano da inutili prendi polvere di tutto l’anno, ad unica ragione di vita.
Il centro propulsore dell’area Comics è il padiglione Napoleone, nell’omonima piazza. Questo è il padiglione dei padiglioni, dove sono allocati gli editori italiani che presentano le nuove uscite e propongono le vecchie. Qui è possibile incontrare sceneggiatori e disegnatori, scambiare quattro chiacchiere e, perché no, mostrare i propri lavori.
Ed è proprio qui che i fans più accaniti sono disposti a fare ore di fila per conquistare uno sketch di Leo Ortolani o dei Paguri (Daniele Caluri ed Emiliano Pagani).
E non è impossibile incontrare un viso famoso. Magari un musicista, o uno scrittore, o un conduttore televisivo.
Come Ligabue, ad esempio. Che quest’anno ha presentato Chiedi alla Neve. Fumetto tratto dal suo ultimo libro. O Dario Argento che ha partecipato alla giuria del concorso Gran Guinigi. O Carlo Lucarelli, che, evitando la conferenza stampa del sabato mattina, si è presentato solo il pomeriggio, attirando allo stand della Star Comics centinaia di affezionati e facendo esaurire nel giro di pochi minuti tutti i numeri di Cornelio.
Uscendo dalle mura cittadine ed imboccando il viale alberato, si arriva ad un immenso capannone. Piantato, come ogni anno, in una vasca di fango. E’ la zona Games.
Complici le piogge dei primi due giorni di fiera, il 2008 è stato un anno particolarmente nefasto per i seguaci dei giochi di ruolo.
Al contrario della sezione Comics, il Games è allestito sotto un unico, gigantesco capannone. Dove si dipanano stands dalle esigue dimensioni che offrono dadi, manuali, carte, giochi da tavola, draghi, fate, ninja ed action-figures.
Al centro dell’attenzione, quest’anno, ci sono stati due anniversari. Il ventennale del Fantacalcio ed i quindici anni di Magic the Gathering. Ed è proprio per quest’ultimo evento, che quest’anno è giunto in Italia il disegnatore di alcune delle carte da gioco più importanti: Mark Tedin.
Presente in fiera insieme all’amico illustratore Anson Maddocks, hanno distribuito decine di sketchs ad adulti e bambini, appassionati e curiosi.
Proseguendo la passeggiata nel padiglione, si arriva alla Cittadella: un luogo meno caotico dove poter incontrare e scambiare quattro chiacchiere con tutti i personaggi partoriti dalla letteratura fantasy. E respirare i dolci effluvi della cucina orientale e medievale.
In questa zona, ciotole di carta rossa strabordano dai cestini dell’immondizia e fanno inciampare chiunque cammini. Sono i Cupnoodles. Che contengono gli spaghettini giapponesi famosi in tutto il mondo, che si preparano in acqua bollente facendovi sciogliere gli aromi in bustina. Molto buoni, ma anche molto chimici.
Dalla Cittadella si accede direttamente all’uscita, dove coraggiosi e improvvisati guerrieri si affrontano in duelli all’ultimo respiro. E, nel caso si dovessero ferire con le spade di plastica, un’ambulanza è pronta a dar loro soccorso. La nostra passeggiata è finita. La fiera di Lucca Comics and Games è tutto questo. File da rispettare e caos a cui resistere. Tanto fango, tanta pioggia e tanto caldo. Divertimento, sorrisi e sorprese. Una città che in quattro giorni si trasforma in una cittadella, dove incontrare scrittori, sceneggiatori e disegni viventi. Dove vivere in un altro mondo. Un mondo parallelo, fatto di carta, chine ed inchiostri. Fatto di carne e di ossa.
di Giacomo Ioannisci
Intervista alla scrittrice di origine aquilana Gabrielle Lucantonio che ha realizzato un libro davvero interessante su Claudio Simonetti dei Goblin. Con lei si è parlato di cinema, colonne sonore, editoria e ovviamente dell’Abruzzo. Il suo è stato un percorso molto particolare e ha voluto raccontarcelo con il suo stile inconfondibile, delicato e ricco di aneddoti.
Innanzitutto raccontaci un po' come e da cosa nasce la tua passione per le colonne sonore...
Amo il cinema e a volte, quando il regista è conscio dell’importanza della colonna sonora (suono e musica) nella narrazione filmica, diventa un elemento fondamentale. Alcuni film sono stati invece salvati dalla colonna sonora. A parte questa premessa, ho fatto parte per circa quattro anni della redazione di Cinéfonia Magazine, una rivista francese oggi scomparsa, che trattava unicamente di colonne sonore. Vivendo in Italia, recensivo i CD italiani ed intervistavo per ogni numero alcuni compositori di musica applicata al cinema. Credo di averli incontrati tutti, da Luis Bacalov a Nicola Piovani, passando da Franco Piersanti, Carlo Crivelli, Ennio Morricone e Paolo Buonvino. Cinéfonia ha anche creato una casa discografica, della quale ero il referente in Italia, facendo pubblicare musiche di Carlo Crivelli, Carlo Siliotto ed alcuni altri. Ma sia la casa discografica che la rivista hanno dovuto chiudere i battenti durante l’estate 2006.
Con Claudio Simonetti com’è andata?
Un giorno, ho visto Suspiria di Dario Argento a casa in videocassetta (quando il film è uscito a cinema ero troppo piccola) e mi sono innamorata del regista, della fotografia, della musica dei Goblin… Suspiria ha forse la colonna sonora più strana e coinvolgente che abbia mai ascoltato. Il libro doveva all’inizio essere sui Goblin e strada facendo ho cambiato idea: lavorare su Claudio Simonetti, che era il tastierista e uno dei fondatori del gruppo, non era solo studiare i Goblin, ma parlare anche di disco-music, della sua carriera da solista e permetteva di realizzare un libro più ricco. Il percorso di Simonetti è appassionante perché è vario e ha trattato diversi stili musicali, ha fatto molte esperienze, dalla televisione alla produzione discografica e alla gestione di uno studio di registrazione, passando dalle orchestrazioni, dalle colonne sonore fino al musical.
Da appassionata prima e da studiosa poi, quanto è cambiata la sua musica?
Claudio Simonetti ha acquisito con gli anni una certa maturità compositiva che gli permette di potere realizzare qualsiasi cosa. Lui non è solo musica elettronica e colonne sonore per film dell’orrore, ma è anche, come ha dimostrato con la stupenda colonna sonora della Terza madre, capace di utilizzare l’orchestra e i cori che dirige lui stesso. In passato, con la musica dance (ma anche in altre occasioni) ha dimostrato di poter essere anche un personaggio solare. Vi ricordate il Gioca jouer di Claudio Cecchetto? Le musiche erano di Simonetti.
Entrando nello specifico sul tuo libro. Quanto tempo hai impegnato tra la progettazione e la stesura definitiva di Profondo Rock?
È difficile valutare, non ho lavorato in modo continuo, rimanevo anche tre mesi senza metterci mano. È stato un lavoro lungo per diversi motivi, ma soprattutto perché ho tenuto a fare molte ricerche alla base, ho trascorso molto tempo in biblioteca per ritrovare la stampa dell'epoca e soprattutto perché ho intervistato una trentina di persone, dai diversi membri dei Goblin alla cantante Vivien Vee, passando da Dario Argento. Sono uscite fuori alcune cose diverse dalle verità ufficiali.
Leggendo il tuo libro, oltre alle tante notizie dettagliate davvero stuzzicanti, mi sono reso conto di un fatto di cui anche gli appassionati di musica sono all'oscuro: i Goblin hanno fatto la storia del rock italiano, non ci sono dubbi...
Sì, con il tema Profondo rosso, i Goblin sono rimasti 15 settimane al primo posto della hit-parade (record rimasto imbattuto in Italia) e per 52 settimane in classifica. Ma più esattamente hanno fatto la storia delle colonne sonore. Nelle cinema horror c'è un prima e un dopo i Goblin. Sono stati anche molto imitati.
Spesso la mole di particolari in un libro può appesantire la lettura o far passare in secondo piano gli argomenti centrali sul personaggio di cui si sta parlando. Nel tuo libro, invece, i particolari trascinano il lettore pagina dopo pagina. Hai avuto difficoltà in questo senso?
Quello che mi dici è il più bel complimento che mi si possa fare. Ho cercato di trattare Claudio Simonetti come un personaggio di un romanzo (ma non so se ci sono riuscita), non scrivendo un romanzo ovviamente, ma evitando di raccontare le cose in modo scientifico e noioso. È stata una sfida con me stesso...
Collabori con quotidiani, riviste, case di distribuzione e hai già all'attivo diverse pubblicazioni, ma nonostante tutto qual è stata per te la maggior difficoltà che hai incontrato nel corso della stesura. E quali le maggiori difficoltà a parer tuo nell'editoria e più precisamente nella saggistica italiana?
Avrei voluto intervistare altre persone, ma alcuni non si sono mai degnati di rispondere alle mie e-mail (Gianni Boncompagni, Claudio Cecchetto ed alcuni altri). Inoltre, ci sono pochissimi libri sui compositori di musica applicata al cinema. Sono davvero pochissimi quelli ai quali è stato dedicato uno studio e di solito, a parte gli ottimi libri di Sergio Miceli, di Susanna Buffa o di Luca Bandirali, che sono dei bravissimi studiosi dell'argomento, i livelli sono spesso molto bassi. Il problema è che gli editori che hanno collane di musica non sono interessati alle colonne sonore e quelli che hanno collane di cinema non sono interessati alle colonne sonore. Ti dicono: “Ma è musica, noi pubblichiamo libri di cinema...”. È complicato. In Italia non è stato pubblicato un libro degno di questo nome su Nicola Piovani, Pino Donaggio, Luis Bacalov o Angelo Francesco Lavagnino. Ho avuto la fortuna di proporre il libro a Francesco Coniglio che ammira molto Claudio Simonetti e che mi ha permesso di realizzare il libro che desideravo, mettendo molte foto, anche a colori.
Nonostante le tue origini francesi, hai un bellissimo rapporto con l'Italia dove ormai vivi da anni. Per l'Abruzzo cosa ci racconti?
Sono figlia di abruzzesi (i miei genitori sono di Rocca di Cambio) emigrati in Francia. Sono nata nella periferia parigina e ci sono rimasta fino all'età di 23 anni. Mi sono poi trasferita in Italia, ma viaggio molto tra Roma e L'Aquila. Che dire sull'Abruzzo? In questo posto ci sono le mie radici.
Progetti per il futuro?
I progetti sono tanti. Diciamo che sto preparando un libro su Enrico Simonetti, il padre di Claudio, sempre per Coniglio Editore. Sto continuando a collaborare con la Rarovideo/Minerva per la quale realizzo circa un DVD al mese. In questo momento, stiamo preparando un cofanetto Vadim che uscirà in settembre (con Don Juan 73 e Les liaisons dangereuses). Sto seminando molto e sto lavorando ad un grosso progetto che dovrà realizzarsi a Roma in autunno. Ma preferisco non dirne di più per ora.
Bene Gabrielle, ti ringraziamo molto per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per i progetti futuri...
Grazie a voi ragazzi!