di Eclipse.154
Mi ritrovo a Giulianova, nel locale Piazza Dante. Converso amabilmente con amici e presenti, mentre ammiro i quadri esposti e assisto al reading letterario di due scrittori venuti a promuovere le loro opere da Alba Adriatica. Immerso come sono in questo clima di serenità e cortesia, tipico del locale giuliese, quasi per caso vengo invitato ad assistere all’esibizione musicale organizzata per l’aperitivo della domenica seguente.
Suona Sandy Muller, dunque compro il biglietto, anzi due.
Il giorno del concerto il locale è gremito di persone che, come me, hanno il palato fino. In tutti i sensi, perché l’aperitivo a Piazza Dante è squisito, degno delle grandi occasioni, e la musica… beh, c’è Sandy Muller!
Il clima è meraviglioso, il più bello che la mia memoria riesce a mettere a fuoco. No, non sto esagerando, perché qui, oltre che di esecuzioni tecniche si parla di armonia e di animi che si scaldano. Le persone sono attente ad ogni nota, l’allegria si taglia col coltello, alla faccia della tensione, che insieme al suo luogo comune quella sera ha fatto le valigie.
Nemmeno Sandy l’avverte, che è solare, allegra e tremendamente incisiva. Sprofondo fra le sue note, precipito come gli altri astanti in un labirinto di suoni tipicamente brasiliani, mentre la soave voce di Sandy mi ipnotizza scaraventandomi in un Nirvana dal quale uscirò soltanto due giorni dopo.
Io, cresciuto a pane, Pink Floyd e Doors, ora mi inchino dinanzi a un qualcosa di totalmente differente, ma incredibilmente avvolgente. Sandy Muller è una scoperta sensazionale; la sua voce, accompagnata dall’estro e competenza della band, si innalza, molto più in alto della mia testa, oltre il soffitto del locale, lassù in cielo. Mi commuovo più volte, perché davanti a me c’è una ragazza carina, timida, genuina, capace di fare ciò che vuole con la sua voce, al punto da farmi comprendere perfettamente quanto ora sia in balia della situazione. E la situazione è amabile, si va avanti così alla grande, sempre di più, finché non prendo coscienza del fatto che il mondo fuori non esiste. Anche il tempo si è fermato. Ora sono in Brasile, disteso al sole di una bianca spiaggia, con in bocca il sapore della capiroska e della fragola, muovendomi a ritmo di bossanova. Mi riprendo da quest’allucinazione: sono ancora a Piazza Dante e il bello è che è esattamente la stessa cosa!
Non mi basta Giulianova, ho ancora fame di bossa e sete di allegria. Vago per i meandri del web per scovare qualche succulenta news e scopro che Sandy ha in programma di suonare a Roma.
Forte della gradevole, seppur breve, conversazione avuta con lei a Piazza Dante, la contatto.
Ho intenzione di intervistarla, voglio scrivere il pezzo che state leggendo.
La contatto e le chiedo di incontrarla. Mi stupisce la disponibilità con la quale mi risponde e la gentilezza che mostra nel trattare con me. Forse non sa di essere famosa o, se lo sa, non si è affatto montata la testa! Brava Sandy, penso.
Arrivo a Roma e mi dirigo al locale, che naturalmente non conosco, come non conosco Roma. La cosa si fa interessante. Dopo essermi perso per un numero di volte superiore a quello delle dita di una mano, riesco a raggiungere la destinazione, non il locale, ma Piazza Venezia. Passa un’altra ora e l’elegante ma sobrio club mi si para davanti.
Sandy mi accoglie con un sorriso, è impegnata nel soundcheck, ma come promesso mi concede un’intervista, seguita da una conversazione più informale e non meno stimolante.
Che dire? Godetevi l’intervista. Personalmente aspetto il terzo album. Nel frattempo non la perdo d’occhio. Sandy Muller è un’artista sobria e magica al tempo stesso, allegra e impeccabile. Aspetto dunque la prossima data. Fate lo stesso anche voi!
9 maggio 2008 - Dune Club, Roma
Parliamo di Linha, il tuo secondo album. A differenza del primo, istintivo, questo appare maggiormente “studiato”. Tuttavia, in tutti i tuoi lavori si percepisce la naturalezza con la quale sforni i tuoi brani. Parlaci di questo feeling che hai con la musica.
Guarda, in realtà è strano che tu dica che sia più studiato, forse è una sensazione che hai avuto ascoltandolo, perché in realtà il modo che ho di comporre i brani è una cosa piuttosto naturale. Io compongo soltanto quando mi viene un’idea; non c’è mai l’intenzione di comporre una cosa, perché proprio non servirebbe. È semplicemente una cosa che accade. A volte compongo prima i testi, a volte prima la musica: è una cosa che segue l’ispirazione del momento.
Linha si riferisce a quella linea di confine tra Italia e Brasile, che in te diventano un mondo unico. Raccontaci di questo doppio amore.
Sono cresciuta qui in Italia, ma quasi ogni anno vado in Brasile perché ho parte della mia famiglia. La prima lingua che ho parlato in casa è stata proprio il portoghese, perché entrambi i miei genitori sono brasiliani. In effetti sono cresciuta con un piede qua e un piede là. È un doppio amore; in realtà sono due vite. Due vite distanti ma vere.
Questa è una cosa particolare, perché si vive in due terre differenti, eppure si riesce a vivere due vite che hanno un senso, che hanno un loro perché. È una grande ricchezza. Ci si sente divisi, ma allo stesso tempo più ricchi. Sono due paesi lontani, molto diversi, ma in un certo senso la popolazione si assomiglia molto; gli italiani e i brasiliani vanno d’accordo, non hanno problemi a integrarsi, quindi, in un certo senso, sono due culture che non faticano a miscelarsi. Sono cresciuta così, fiera delle due origini diverse.
L’altra volta ti feci una domanda e ora te la ripropongo: come fai ad essere così solare e a travolgere il tuo pubblico con una simile positività?
Grazie per il “solare”, mi sembra un bellissimo complimento!!! In realtà cerco solo di coinvolgere le persone che ascoltano i miei concerti. Poi dipende anche molto dal pubblico, se ha voglia di recepire. Non sempre riesci a rompere le resistenze di chi generalmente non ti conosce e all’inizio è diffidente. Dipende dall’energia che sento circolare fra il pubblico stesso, non dipende solo da me. (ride)
C’è un film per il quale hai sempre desiderato realizzare la colonna sonora?
Oh mamma mia!!! (ride) In realtà i film vengono già accompagnati da una colonna sonora, quindi forse non so pensarli senza. Però è una cosa che mi piacerebbe fare un giorno, quella di studiare delle melodie per delle immagini. Non deve essere facile, ma chissà, mai dire mai!
Quando ci siamo conosciuti mi hai dato subito l’impressione di essere una persona molto sensibile, ma determinata e con le idee chiare. Quanto ti aiuta il tuo carattere nel percorso che stai facendo?
Do l’impressione di essere una persona molto timida, molto pacata ed in effetti sono entrambe parte del mio carattere. Tuttavia, ho esattamente in mente cosa voglio e dove voglio andare, per fortuna. Non ci vuole nulla a lasciarsi travolgere da un mondo difficile come quello dell’arte in generale e della musica in particolare. Ho le idee chiare. Questo carattere è necessario perché spesso ti vengono proposte troppe cose che si allontanano da te stessa, e tu devi sapere chi sei, altrimenti basta un attimo a falsarti, anche non volendo farlo. Se si segue una direzione chiara, bisogna sapere chi siamo, e bisogna avere un carattere forte per mantenere i paletti, i confini giusti. Essere determinati serve a tutti, anche a me.
Grazie ai tuoi due dischi i giovani italiani sembrano avvicinarsi di più alle sonorità brasiliane. La musica è aggregazione, e con te funziona…
In realtà i due popoli, come dicevo, si assomigliano molto, e gli italiani hanno sempre amato la musica brasiliana, da tanti anni ormai. Penso sia un gesto semplice il mio. Magari, se presentassi una musica tipicamente polacca, potrei non ottenere lo stesso riscontro, proprio perché la si conosce meno rispetto a quella brasiliana. Quindi è anche abbastanza semplice in questo senso. Sono contenta di aprire delle strade diverse.
Cosa diresti a quei ragazzi che desiderano intraprendere la carriera di musicisti?
Ci vuole tanta pazienza e tanta forza di volontà. E non arrendersi, perché è molto difficile, c’è tantissima qualità che non emerge, conosco tantissime persone in gamba. Io stessa ho due dischi che sono andati abbastanza bene, ma la strada è ancora tutta in salita, è ancora tutta da fare. Bisogna amare molto questa professione, altrimenti non si può riuscire in quello che si fa. Consiglio sempre di non ritagliarsi il ruolo di cantanti, di non calarsi in un personaggio. Diventare cantanti, sì, ma non assumere a priori quel ruolo. Bisogna sempre rimanere fedeli a se stessi.
Ho visto che nei tuoi concerti porti sempre con te un libro nel quale le persone possono dedicarti dei pensieri. Qual è il tuo rapporto con il pubblico?
Mi piace molto questa idea del libro. Si è sempre curiosi di sapere se il lavoro che si sta proponendo piace agli altri. Il pubblico attraverso il libro scrive delle cose meravigliose che non ti direbbe mai per una questione di timidezza. Abbiamo letto delle vere e proprie poesie tornando dai concerti. È bella come idea!
Hai mai pensato di recitare?
Oh no! In un’altra vita magari! Dovrei studiare troppo e per ora sto ancora studiando canto! (ride)
Se io ora ti donassi la lampada di Aladino, cosa chiederesti al genio? Hai 3 desideri.
Poco tempo fa abbiamo parlato di questa cosa coi ragazzi. Il primo desiderio è quello di conoscere tutte le lingue del mondo: non è male vero? Te lo immagini capire tutti?!
Il secondo è difficile, forse saper suonare tutti gli strumenti del mondo! (ride) Mi bastano questi, potrei fare molte cose se si avverassero questi due desideri.
Quando tornerai in Abruzzo?
Quando mi invitate!!! Sono sempre bendisposta nei confronti degli inviti.
Ora che sei arrivata a questo punto, dove vuoi arrivare? Quali sono i tuoi obiettivi?
Suonare, suonare, suonare! La cosa che più mi piace è suonare dal vivo, quindi fare concerti. Dovunque ci chiameranno, andremo. È la cosa che voglio fare di più. Naturalmente poi, continuare a cantare, a scrivere.