Intervista realizzata nell’ambito del festival Collisioni (http://www.collisioni.it)
Partiamo dai tuoi inizi: come ti sei avvicinata alla musica lirica?
Io nasco come attrice di prosa, poi sulla mia strada si è infilata quasi per caso la lirica. Kuniaki Ida, il mio insegnante di recitazione della scuola “Paolo Grassi”, aveva come collaboratrice una cantante lirica che mi ha sentito cantare e mi ha incitato a provarci.
Spesso una forma d’arte come la lirica ha una scarsa visibilità rispetto ad altre più commerciali. Tu hai avuto difficoltà?
Di difficoltà ce ne sono state tante. Nonostante l’Italia sia la patria del bel canto e della tradizione operistica, non c’è spazio per iniziare una carriera. Se non hai fatto gavetta non lavori ad alti livelli. Purtroppo, però, non c’è la possibilità di fare questa gavetta. L’idea della “Compagnia Lirica di Milano” nasce proprio da questo presupposto. Eravamo un gruppo di persone con un’ottima capacità lavorativa ed eravamo stanchi di bussare a tante porte per poi lasciarci trattare in maniera poco carina. Se non hai tanti soldi da investire non riesci a entrare in questo mondo, è tutto mercificato e mercificante. Noi eravamo consapevoli di avere delle capacità, così abbiamo provato a fare qualcosa di diverso. Abbiamo fondato la Compagnia Lirica di Milano: oltre a me ci sono Alessandro Bares, direttore d’orchestra, e Marzia Scura, un altro soprano. Poi si è inserito anche Fernando Ciuffo, un baritono. Il nostro desiderio è di riportare l’opera ai teatri di provincia, poiché in Italia non c’è più quella via di mezzo che permetteva di far conoscere l’opera al grande pubblico.
Credi che manchi un’educazione all’opera?
Assolutamente. In Italia l’opera è un po’ come il cattolicesimo, mi si perdoni il paragone. Nel senso che anche chi non è cattolico conosce almeno in parte ciò che riguarda la religione, perché fa parte della nostra cultura. Tutti gli italiani conoscono l’opera, il problema sta nel fargliela sentire. Tutti amano ascoltare il tenore che canta “all’alba vincerò”, ma l’opera è considerata una cosa d’élite. Si è creata una spaccatura bizzarra.
Forse si è creato un meccanismo perverso. Se da un lato l’opera è considerata una cosa d’élite, dall’altra viene associata alla pubblicità…
Queste operazioni pubblicitarie partono dal fatto che anche la casalinga conosce le arie di Mozart o di Prokofiev. Solo che, estrapolate dal proprio contesto, finisce che vengono ricollegate ai pelati.
L’opera sta risentendo dei tagli del governo fatti alla cultura?
Per quanto mi riguarda, di soldi non ne ho mai visto neanche l’ombra. Tantissimi fondi vanno a pochissimi enti, non c’è una distribuzione sensata. Manca una regolamentazione logica.
Quali sono stati i tuoi maestri? A chi ti sei ispirata?
Io ho ricevuto un consiglio preziosissimo all’inizio dei miei studi: prendi meno riferimenti possibili, almeno tra i grandi nomi. Ascoltare tanta musica fa bene, prendere più spunti possibili anche, l’importante è non ancorarsi a un’immagine in particolare. Il voler assomigliare a qualcuno di famoso è un errore grossolano che fanno tanti.
Quali sono state le opere che hai preferito interpretare?
Sogno da una vita di essere una Mimì nella Bohème, ma purtroppo non ne ho ancora avuto la possibilità. Amo molto Mozart: è comodo per la mia vocalità. Adesso stiamo girando con il Don Giovanni e mi diverte molto essere Donna Elvira. La mia è una formazione da teatro di prosa, quindi mi piace molto il lato dell’interpretazione attoriale, cosa che viene spesso tralasciata. Per risolvere questo problema abbiamo scelto non un regista di opera ma uno di prosa. È stata una mossa sana.
Allora sei favorevole a una commistione di arti?
Certamente, proprio da questo nasce Masca in Langa, un festival di arte e cultura. Più si dialoga, più c’è la possibilità di inventare qualcosa di nuovo. Credo molto in questo.
Che tipo di consiglio daresti a chi volesse dedicarsi alla tua arte?
Tanta pazienza e apertura mentale. La mia prima insegnante diceva che per cantare ci vuole cervello, cervello e poi ancora cervello. Capire che il mondo non inizia e finisce con la lirica.