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Il regista Flavio Sciolè terrà un seminario dal titolo ‘DELL'ANTITEATRO: libero teatro in libero stato’ il prossimo 27 Aprile 2018 alle ore 10,00 presso l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. L’incontro sarà condotto dai proff. Marcello Gallucci e Carlo Nannicola, che introdurranno il volume di Sciolè ‘Libero Teatro In Libero Stato’, pubblicato dalla Holy Edit a fine 2017. Il libro raccoglie nove testi teatrali dell’autore scritti-portati in scena tra il 1993 ed il 2008. Tra gli altri sono presenti ‘Il Re è Pazzo’, ‘Bambole’, ‘Icaro Caro d’oro cosparso’, ‘Cerchi’ e ‘Psicosi atea'. Nella prefazione di 'Libero Teatro In Libero Stato', Graziano Graziani scrive: ” …sono però immagini in qualche modo rappresentative di un percorso artistico che si è edificato attorno ad alcuni rovelli come l’afasia, l’autolesionismo, il linguaggio spezzato, l’eloquioinceppato, l’assenza di un referente della rappresentazione – che non può neppure definirsi tale perché non “rappresenta” alcunché – il gusto per la frammentazione semantica, l’esplosione del senso, l’anarchia espressiva che però si esplicita dentro un rigore performativo che Sciolè chiama “antimacchina attoriale”. Perché in un teatro compiutamente ateo tutto è contestazione degli Dei del teatro, la scena si trasforma in antiscena, la drammaturgia in antidrammaturgia, il corpo che occupa il palco è quello di un antiattore, che segue i percorsi di un’antiregia e si muove all’interno di un’antiscenografia.”

Dichiara Sciolè: “Il volume pone un punto, cristallizza venticinque anni di antiteatro e di ricerca. La rivelazione del teatro credo consista nell'atto, nell'agire e, di seguito, nell'agire parlando. L'importante è che le parole abbiano senso o che, al contrario, lo perdano." Durante il seminario saranno proiettati i video: La Natura è morta, Kristo In Vertigine D’Autunno, Dr Dystopia, Sciolè si è fermato ad Eboli (inedito).  La Holy Edit pubblicherà a Maggio un nuovo libro di Sciolè: 'Del Grottesco' che raccoglie tredici testi teatrali grotteschi e scuri. Ci dichiara ancora Sciolè:'La scomposizione è tutto quello che mi interessa, nella vita come nell'arte. Oggi tutti parlano e si espongono, l'unica strada invece, dal mio misero punto di vista, è il silenzio e di contro l'assenza'

FLAVIO SCIOLE’ (1970). Attore, regista, performer. agisce da anni nella ricerca antiteatrale (con Teatro Ateo), nella sperimentazione anticinematografica e nella performance estrema. Circa 300 i lavori video proiettati-premiati-segnalati in Festivals nazionali ed internazionali in Italia e nel mondo. Oltre 1000 le proiezioni in Italia ( Rai Uno, 52a Esposizione Internazionale D’Arte La Biennale di Venezia 2007, MACRO, Romaeuropa) e nel mondo. Con Teatro Ateo agisce da anni nella demolizione del teatro classico privilegiando l'antiteatro, la ricerca e codificando la 'recitazione inceppata'. Partecipa a eventi nazionali e internazionali ed a stagioni teatrali Come attore di cinema ha recitato in decine di pellicole tra queste: ‘Farina Stamen’ (il primo iperfilm) di L.M.Perotti, Piano Sequenza di L.Nero, La Scultura di M.J.Capece. Nel 2017 il testo ‘Il Re è Pazzo’ è stato pubblicato in Messico nell'antologia ‘Dramaturgia Italiana Contemporanea’( a cura dell'Istituto di Ricerche Estetiche dell’Università di Guadalajara). A Marzo lo spettacolo teatrale 'La suicidata', scritto e diretto da Sciolè ed interpretato da Rossella Iorio Scarlet, è stato presentato a Torino all’interno di Malafemme Vol. 4.

Libero Teatro In Libero Stato

 

DELL’ANTITEATRO: libero teatro in libero stato – Seminario di Flavio Sciolè

di Luca Torzolini

La poesia è monosemica o polisemica? Perché?
La poesia, almeno per come la intendo io, non può e non potrà mai essere monosemica. La poesia è l’anima che si mescola con il tutto che ci circonda e di conseguenza essendo il tutto che ci circonda eterno ed immortale, la poesia è per sua natura polisemica. Se una poesia ha un solo significato vuol dire che quella poesia è destinata a morire nel tempo. Al contrario, quando una poesia si muove su piani differenti, quando riesce a sintonizzarsi ovunque attraverso le giuste frequenze che poi non sono altro che mente e cuore all’unisono, allora, l’immortalità dell’anima è la giovinezza eterna della poesia stessa.

Come si diventa poeti?
Il poeta esiste ancor prima di nascere e questo mio pensiero non è un’iperbole, ma un pensiero frutto di un mio studio ben accurato, ovvero, lo studio della mia anima fragile/forte, e contorta. Il poeta non “ diventa “ poeta, ma “ è “ poeta. Tutto nasce dal capire quanta sensibilità riesce a sprigionare la nostra anima e per farlo, bisogna guardarsi dentro come un raggio di luce che penetra nella foresta. Noi siamo più profondi dell’Universo e siamo molto di più di ciò che crediamo di essere realmente. Il poeta, in tutto questo, ha la consapevolezza delle proprie capacità e la padronanza assoluta del suo unico mezzo; l’utensile del poeta è l’anima. Mentre la sua dote più rara, è la curiosità.

Sono più utili l'emarginazione, l'ossessione, la sofferenza e la rabbia o la serenità, l'allegria, l'amore e la passione per creare una poesia?
Per creare una poesia ci vogliono pochi ingredienti, anzi, pochissimi. Tutto ciò che serve è capire che ancor prima di essere uomini o poeti noi siamo un pezzettino di mondo che non vive nel mondo, ma dentro al mondo. Noi siamo il respiro di questo meraviglioso pianeta e il cuore è il nostro metronomo, il nostro ritmo perfettamente naturale. La poesia, quando trova un fertile terreno, sboccia per inerzia; nulla è più naturale della poesia anche oggi che di naturale c’è ben poco. La poesia ha quel dono meraviglioso di fermare il tempo guardando al futuro con la nostalgia di un presente in movimento.

Quali sono i tuoi temi più cari e perché ne parli?
I temi a me più cari sono: la vita e la morte. Sembra scontato ma sono due temi a cui non possiamo sottrarci in nessun modo. Siamo imbrigliati in questa ragnatela fin dall’inizio delle nostre origini e ci portiamo dietro questo flusso di energia come fossimo un tutt’uno. Mi piace parlare della vita, esplorarla, entrarci dentro come un carro armato, oppure come un leggero vento che sa perfettamente dove deve andare. Mi piace la vita perchè sono incuriosito della morte: nessuno la conosce, ma tutti la temono, anche se sono convinto che la morte sia più poetica della vita proprio perchè avvolta in quel suo mistero così tombale e nebuloso. Mentre la vita la paragono a un abile romanziere incuriosito del suo stesso romanzo, la morte mi da la vaga impressione di assomigliare ad una perfetta poesia scritta da un imperfetto poeta di periferia. In ogni caso, io sono affascinato da quelle situazioni di penombra; è lì che la poesia si nutre della vita e della morte. È lì che stuzzica l’anima del poeta tormentato.

Nell'arte e nella vita, quando si può infrangere una regola e quando si deve?
Non esistono regole, nè esistono momenti per infrangerle. Tutt’al più possiamo pensare che esistono le buone intenzioni ma poi, sappiamo benissimo che succederà tutto e il contrario di tutto. Nella vita, come nell’arte, bisogna osare; adoro questo verbo, mi fa capire che sono vivo e che vivrò ancora a lungo.

“[...] Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” con questo verso Montale chiudeva un famoso componimento. Dimmi cosa non sei, cosa non vuoi.
Io non sono quello che sono oggi, ma probabilmente, sarò quello che sono stato molto tempo fa. Cosa voglio? Con tutta onestà, vivere senza regole, e morire con l’unica regola possibile: “ vietato morire “.

Oscar Wilde diceva che l'arte non deve mai tentare di farsi popolare, è il pubblico che deve cercare di diventare artistico. Condividi?
Ma Oscar Wilde se non erro ha anche detto che “ tutta l’arte è completamente inutile “. In ogni caso il mio pensiero è molto più semplice; dico che il pubblico debba essere coinvolto nell’arte e che l’artista debba in qualche modo essere umile perchè solo attraverso l’umiltà l’arte sincera potrà penetrare nei cuori puri degli uomini.

Nella seconda strofa della poesia "Natale", Fernando Pessoa dice "Cieca, la Scienza ara gleba vana. Folle, la Fede vive il sogno del suo culto. Un nuovo Dio è solo una parola. Non credere o cercare: tutto è occulto". Commenta questi versi e dammi la tua opinione in merito.
In queste parole viene racchiuso quello che ho sempre pensato anche io: il mistero, ciò che è nascosto, ciò che è dietro ad una nuvola, è molto più importante di tutto ciò che possiamo e siamo in grado di vedere a occhi nudi. Quello che davvero conta è quello che riusciamo a vedere con la nostra anima, i nostri sensi: le nostre percezioni sensoriali hanno la straordinaria capacità di farci toccare con l’anima ciò che altrimenti non potremmo mai toccare con le nostre mani. E la poesia si nutre dell’occulto e vive nell’ombra come noi che siamo uomini di luce adoriamo la notte ancor più della penombra.

Che caratteristiche dovrebbero avere gli intellettuali che comunicano alle folle?
La caratteristica principale è l’onestà. Quando si ha a che fare con le parole c’è in gioco una grossa responsabilità e quando si parla alle folle bisogna essere se stessi, ma prudenti. Le tempistiche giocano un ruolo fondamentale. Non credo che l’intellettuale sia colui che sappia usare bene la penna, ma l’intellettuale è colui che sa parlare alle folle senza la penna.

Le lezioni americane di Calvino ti sono state utili? Quali altri testi possono insegnare a scrivere?
“Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture, di immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.” ( Italo Calvino, Lezioni Americane )

Devo ammettere con tutta onestà che Lezioni Americane mi hanno fatto capire l’unicità dell’individuo, la sua capacità di racchiuderne tanti pur mantenendo la sua struttura di unicità assoluta. In sostanza, l’individuo è unico, è tanti pensieri, sentimenti e stati d’animo diversi. Calvino in quest’opera mette in risalto alcuni valori della letteratura: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza. Noi siamo tutto questo, forse, anche molto di più. Sinceramente ci sono molti testi che possono insegnare come scrivere, ma sono pochi quelli che rimangono nel nostro cuore per l’eternità.

Cos'è eterno?
Eterna è la poesia, eterna è la vita.

 

Luca Torzolini recita a Dario Fo "Poesia del Principe Servo", un'opera che descrive uno dei segreti racchiusi nel tempo: se da una parte esso determina nascita, vita e morte del corpo fisico, dall'altra dona la possibilità di vivere il tempo futuro nella voce di chi ti amerà per ciò che hai detto e fatto, di vivere il presente in maniera piena e sensazionale secondo per secondo e di comprendere di colpo la necessità formativa del proprio passato, essendo predestinati ad evolversi come mediatori delle voci divine.
Dario è un eroe, un esempio per chi ama davvero l'arte e la considera una possibilità d'evoluzione per lo spirito umano. Questa poesia è dedicata a lui e a tutti coloro che in futuro serviranno cause a favore dell'umanità intera.

Intervista a Manuel Norcini 3Com è l'attore perfetto?
L'attore perfetto è una chimera, non esiste e forse non esisterà mai. Il compito di un attore consiste nel vivere emozioni e trasmetterle al pubblico ma come può un solo uomo conoscere ogni emozione esistente? Dovrebbe, anche in maniera ridotta, averle provate tutte e questo mi sembra improbabile. Quello che più si può avvicinare alla perfezione attoriale sarebbe un artista in grado di “rubare” le emozioni degli altri ed, attraverso la tecnica e la creatività, riproporle a noi spettatori.

Come ti rapporti con te stesso? Dove finisce l'ego?
Quando ero bambino sono sempre stato molto chiuso, non parlavo con nessuno e passavo intere giornate a disegnare. Disegnavo di tutto, improbabili super eroi, mostri squamosi con un occhio solo, scheletri a cavallo, angeli e demoni in lotta e altre creature, e quasi sempre il buono faceva una brutta fine. Non lo facevo per timidezza, come ho creduto per molto tempo, lo facevo perché il mondo al di fuori del mio non mi piaceva. Quando ho capito questo ho capito cosa volevo fare nella vita, far vedere a tutti il mondo in cui “realmente” vivo, che non è questo, e per farlo ho bisogno del cinema, che altro non è che uno strumento. Come un artigiano usa chiodi e martello, i miei ferri del mestiere sono la luce e un buon punto di vista. L'ego è una componente fondamentale della personalità, deve esserci ma come tutte le cose deve essere controllato e in equilibrio con l'amore verso gli altri oltre che di noi stessi.

Intervista a Manuel Norcini 9Forma e contenuto: in che ordine di importanza? Quali sono gli stili che prediligi? Quali i temi?
Se non hai una buona idea il film sarà deludente, eppure anche una buona idea se non è supportata dalla tecnica e dalla bellezza estetica rischia di non arrivare a destinazione, cioè lo spettatore. Non basta avere un buon soggetto per fare un buon film, altrimenti quasi chiunque potrebbe farlo, ma neanche avere una profonda conoscenza della tecnica è garanzia di successo senza l'idea. Le due cose viaggiano sul medesimo binario, alla stessa velocità. Basta che una delle due cose rallenti o non va al passo con l'altra per creare un disastro. Il cinema, come la vita in generale, è fatto di equilibri. Nel cinema, lo sappiamo, sono molte le figure che contribuiscono a crearlo, dal regista all'ultimo dei macchinisti tutti hanno la stessa importanza in questo grande meccanismo, basta che un solo pezzo funzioni male per rallentare o addirittura fermare tutto.
L'arte è lo strumento grazie al quale l'artista riesce ad esprimersi, a far vedere agli altri ciò che ha dentro, sono tanti i motivi che spingono a fare arte ma l'artista prima di essere tale è innanzitutto una persona ed in quanto tale prova tutte le emozioni che una persona può provare e si serve dell'arte per renderle visibili. Personalmente non posso credere che un artista abbia uno stile o un tema prediletto, vorrebbe dire provare sempre la stessa emozione, e questo è contro la nostra natura.
Ci sono artisti che passano tutta la vita sullo stesso stile o tema, lo fanno perché in quello sono bravi e non hanno voglia di mettersi in discussione.

L'arte come catarsi? E cos'altro?
Ogni singola persona su questa terra ha un talento, nessuno escluso, alcuni hanno il dono di comporre delle melodie indimenticabili, altri usano la pittura, altri ancora la danza, ma l'arte non è soltanto questo. Anche un muratore molto capace a suo modo è un artista se quello è il talento che gli è stato dato. Penso che il valore del nostro talento sia dato da come lo usiamo, se viene usato esclusivamente per se stessi allora non ha nessun valore, penso che l'arte nasca nel momento in cui si riesce a regalare un'emozione ad un altra persona.

Perché fotografi? Parlami del progetto sull'India.
Fin da bambino ho sempre avuto un contatto stretto con la fotografia perché mio padre ne è un appassionato. Ricordo che fotografava di continuo ogni volta in cui, nei fine settimana, giravamo l'Italia, essendo lui anche un grande viaggiatore. Probabilmente la prima volta che ho scattato una foto ero talmente piccolo che non lo ricordo. Quindi mio padre ha avuto un ruolo fondamentale nella coltivazione di questa passione, tutt'oggi ci divertiamo a vedere chi tra noi fa le foto migliori. Crescendo ho deciso di concentrarmi sul cinema ma essendo un fissato di fotografia cinematografica non ho mai messo da parte l'amore per la fotografia “classica”. Quello che mi affascina è il fatto di riuscire a catturare una porzione di realtà che non tutti riescono a vedere, perché distratti, o perché non è nella loro natura, perché la bellezza non va creata, è già lì alla portata di tutti, il difficile è riuscire a vederla. Il progetto Bhaarat, che in uno degli innumerevoli dialetti indiani vuol dire solo India, è nato dal desiderio di riportare in Italia una realtà di cui si parla tendenzialmente molto poco. Tutti conosciamo l'India per le sue bellezze naturali, gli straordinari templi e l'affascinante religione ma quanti la conoscono per essere il luogo più inquinato al mondo? Quanti la conoscono per essere il luogo in cui più di due milioni di bambini muoiono ogni anno per infezione? Quanti la conoscono per quello che è veramente? Sono stato tre mesi in India, ed ho a malapena scalfito la superficie di quel muro che nasconde la verità, ho lavorato come volontario nelle case di Madre Teresa e nello slum di Calcutta grazie a persone straordinarie che hanno deciso di dedicare la vita a quelle persone, come Marta Monteleone, fondatrice dell'associazione “a mano a mano”, che con le poche donazioni che riceve da istruzione e cure mediche di base a quella gente che è stata dimenticata dal sistema. Bhaarat è stato il tentativo di rendere le persone in questa parte del mondo un po' più consapevoli di ciò che accade al di là dei loro smartphone.

Intervista a Manuel Norcini 5Cos'è il cinema?
Oggi il cinema è semplicemente una macchina da soldi, è diventato una fabbrica di proprietà del capitalismo. Come ogni cosa bella è stata distrutta in nome del denaro. La responsabilità di questo non va attribuita al capitalista, che per sua natura non conosce altra forma di piacere che quella di accumulare soldi, ma a noi altri. Abbiamo deciso di attaccarci alla grassa mammella dell'industria senza porci nessuna domanda, siamo pecore che seguono altre pecore, esseri lobotomizzati addestrati a non pensare, perché il pensiero è un male per gli affari. Gli abbiamo lasciato fare un così buon lavoro che oggi non c'è più soluzione, e i pochi che ancora resistono vengono etichettati come pazzi. Ma la fortuna vuole che la speranza sia l'ultima a morire, perché finché questi “pazzi” continueranno a resistere l'arte vera non morirà. La domanda giusta sarebbe un'altra: cosa DOVREBBE essere il cinema?

Scrivere sceneggiature: che differenza c'è nello scrivere per se o su commissione?
Quando scrivo una sceneggiatura immagino subito come la scena andrà girata, il processo di scrittura della storia e l'aspetto tecnico nascono nello stesso momento. Questo è senza dubbio un bene quando sei il regista della storia che scrivi ma può essere fastidioso quando il regista è un altro. È come affidare la donna che ami ad un altro uomo sapendo che non la tratterà bene come faresti tu, è frustrante. Generalmente ho la tendenza a scrivere per gli altri quelle storie che io non realizzerei e tengo per me le più intime in attesa di poterci lavorare.

Cinema industriale e cinema indipendente...credi esista una via di mezzo?
Torno a ripetere che la vita è una questione di equilibri. Oggi, purtroppo, l'ago della bilancia pende dalla parte del cinema industriale, risponde meglio alle esigenze di un pubblico sempre più pigro che vuole solo distrarsi dai problemi della vita. Il cinema indipendente è l'ultima salvezza per chi vuole qualcosa di più che esplosioni e automobili che in realtà sono robot che originariamente erano automobili venuti da un altro pianeta (Il senso di confusione della frase detta poc’anzi è voluto: assomiglia alla superficialità del cinema attualmente distribuito in tutte le sale). Spesso però il regista indipendente non ha i mezzi per poter realizzare storie che varrebbe la pena di raccontare, così si è troppo spesso costretti a “ridimensionare” le ambizioni, andando a discapito della storia stessa. La via di mezzo esisterebbe se invece di ostacolarsi a vicenda gli artisti si aiutassero, in questo modo si crescerebbe insieme e ne guadagnerebbero tutti.

Intervista a Manuel Norcini 1E la perversione? Cos è la perversione nel cinema?
Viviamo in un mondo fatto di regole, schemi sociali e convenzioni, spesso non ne capiamo il senso ma accettiamo passivamente questi comportamenti e chiunque rompa questi codici viene definito “strano”. Seguiamo così tanto le regole che siamo arrivati al punto di non riuscire più a comunicare. Si è vero, siamo costantemente collegati, attraverso internet, i cellulari, i social network, ma abbiamo perso la capacità di parlare davvero alle persone. Una vecchia canzone diceva: "[...]le persone parlano senza dire niente, sentono senza ascoltare, lo senti il suono del silenzio?”.
La perversione è un comportamento diverso da quello dettato dal senso comune, ma non è proprio questo tipo di comportamento che ha portato l'uomo a fare scoperte sensazionali? La storia è piena di esempi di uomini che hanno infranto le regole per arrivare dove nessun altro era mai arrivato, anche a costo di essere emarginati o peggio. La perversione nel cinema sarebbe un gran bel traguardo, arrivare a conoscere in modo così accurato ogni regola, ogni schema, da permettersi di abbatterli tutti.

Dove sono finiti gli spettatori?
Siete mai stati in un allevamento industriale? Quando entrate in un posto del genere siete invasi da un senso di morte indescrivibile. Centinaia e centinaia di animali accalcati l'uno sull'altro, incapaci di muoversi e talvolta anche di stare in piedi. Tutte quelle bestie sono lì inconsapevoli in attesa di essere uccise per gonfiare le tasche al potente di turno. Non si ribellano, non lottano, non cercano di fuggire, hanno gli occhi vuoti e anche se gli mostri la via di fuga non si muovono perché non sono stati abituati ad essere liberi, non lo sono mai stati. Ora, non voglio arrivare a paragonare lo spettatore odierno al bestiame da allevamento intensivo ma dovete ammettere che, se ci pensate bene, non c'è molta differenza.

di Luca Torzolini

Intervista a Chiara Giacobelli 1

Il finale e l’inizio sono momenti essenziali di ogni articolo, racconto, romanzo. Come hai iniziato a scrivere e che sai dirmi ora sull’ultima opera che scriverai?
Ho iniziato a scrivere alle elementari, non appena mi hanno insegnato l’alfabeto e ho preso in mano una penna. Scrivere per me è sempre stato un qualcosa di naturale e innato, nonché il luogo in cui costruivo la mia realtà parallela, magari per sfuggire a quella reale (come per ogni scrittore). All’inizio erano solo diari, raccontini, temi, cose di questo genere. Poi sono arrivati i romanzi mai terminati (a decine) e, infine, quelli ultimati.
Non ho la più pallida idea di quale sarà la mia ultima opera, perché non so quando morirò: potrebbe succedere fra tanti anni, quando sarò diventata una scrittrice affermata oppure una vecchia zittella senza gloria e senza denaro, così come domani stesso.
Ci sono, però, tante opere che mi piacerebbe scrivere prima di morire. In particolare, vorrei terminare il romanzo su cui sto lavorando ora, che parla di Clown Terapia e del delicato rapporto tra paziente-bambino e dottore. È un lavoro per me molto importante, per il quale sto collaborando con l’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze e con la Tribù dei Nasi rossi di Arezzo.

Cos’è per te la sperimentazione e cosa consideri avanguardia?
Sperimentazione è un termine che trovo un po’ abusato, inoltre spesso oggi coincide con il concetto di voler stupire o scandalizzare per forza. Per quanto mi riguarda, mi ritrovo di frequente a pensare che tutto quanto di più importante c’era da dire è già stato detto nel migliore dei modi dai classici e da chi ci ha preceduto. Forse, è allora più importante raccontare la nostra epoca, con le evoluzioni della società e quanto ne consegue, piuttosto che sperimentare per il semplice gusto di colpire o di far parlare di sé.
A me interessano le cose semplici, vere, tratte dalla realtà. Sono meno affascinata dai voli pindarici, così come, in generale, preferisco l’arte romantica dell’Ottocento rispetto alle avanguardie contemporanee. Lo so, sono un po’ nostalgica in questo senso…

In che modo si può evadere dalla tecnica senza perdere la capacità di essere chiari? Qual è il limite delle associazioni fra significante e significato, nella semiotica dei neologismi e del valicare i confini del consolidato e dell’accademico?
Il limite consiste nella volontà di essere compresi da chi legge il testo, che poi non è necessariamente un limite, basta volerlo. Ci sono scrittori a cui non interessa così tanto arrivare alla gente, evadono più per se stessi che non per gli altri.
Io credo invece che qualunque artista sia portatore di un messaggio e, in quanto tale, abbia una responsabilità sociale da cui deriva la necessità di creare qualcosa che aiuti le persone a crescere e ad evolversi, piuttosto che a disperdersi o a involversi. Ovviamente, sono tutti concetti molto relativi.
In ogni caso, non sono il genere di scrittrice che quando è mossa dall’ispirazione artistica si sofferma troppo su un neologismo o su questioni affini. Questa la trovo una materia più adatta alla poesia, o alla saggistica.
La prosa per me deve essere semplice, poco ricercata; più spazio lasci allo stile e più ne togli al contenuto, che invece dovrebbe essere l’unico protagonista.
A me hanno insegnato che il vero autore scompare tra le righe, lascia parlare i personaggi. I giochi linguistici non agevolano tutto questo, distraendo il lettore dal cuore di quella che, secondo me, è la narrativa vera e propria.

Cosa pensi delle scuole e delle accademie?
Penso che siano sempre una buona opportunità per chi se le può permettere. Io avrei voluto frequentare la Holden di Torino da anni, ma non ho mai avuto la possibilità economica di farlo. Va bene lo stesso. Si può imparare anche da autodidatti, soltanto, però, se si ha la fortuna di trovare un buon maestro, tutor, editor o come tu lo voglia chiamare. Qualcuno, insomma, che ci guidi nel cammino e ci aiuti a crescere, altrimenti da soli si rischia di rimanere sempre fermi allo stesso livello.

Intervista a Chiara Giacobelli 3

Esiste la malattia mentale?
Suppongo di sì, ma non sono un medico. Esistono sicuramente dei disturbi della mente e, d’altra parte, esistono delle malattie del cervello che causano conseguenze patologiche. Poi, ci sono tutte quelle forme come lo stress, l’esaurimento nervoso, la tristezza ecc che vengono spesso scambiate per malattie mentali (di certo molto di più nei secoli scorsi rispetto ad oggi), ma in realtà non lo sono.
Personalmente, credo che ci sia un generale abuso di psicofarmaci, o comunque di medicine che vanno a curare stati d’animo gestibili in altri modi, quando non addirittura semplici sintomi di qualcosa di più profondo che non va.
Ma si sa, questa è l’epoca in cui nessuno vuole soffrire. Si sfugge al dolore e alla sofferenza come se fossero la cosa più terribile che possa capitare a un essere umano, invece sono un’estrema risorsa e fonte di crescita.

Libero arbitrio o determinismo darviniano?
Relativismo. Trovo entrambe le definizioni, se prese da sole, troppo estreme.

Spesso si parla di impegno politico in relazione ai letterati. Tu come vivi questo accostamento?
Premesso che non mi sento una letterata, non lo vivo, nel senso che non voglio in alcun modo accostare un impegno politico alla mia arte. Sento un senso di responsabilità sociale nei confronti dei lettori, questo sì, ma non significa fare politica; vuol dire, piuttosto, cercare di contribuire con quel qualcosa che, nel proprio piccolo, possa aiutare il mondo ad evolversi in maniera positiva.

Dio o dio?
Per quanto mi riguarda dio perché sono agnostica (non atea!), ma anche in questo caso mi viene da rispondere in base al relativismo: ognuno ha la libertà di scegliere se esista un Dio oppure un dio e, allo stesso modo, ognuno ha il diritto di essere rispettato nella propria scelta.

Che ne pensi dei giornalisti che fanno domande tipo “Qual è il suo colore preferito?” o “Ho saputo che ha smesso di fumare. È vero?”? E di quelli che fanno domande lunghe 10 righe? Cos’è il giornalismo e quali sono le caratteristiche che un buon giornalista deve possedere?
Mi fanno un po’ sorridere, ma dopotutto sono dell’idea che ognuno può fare ciò che vuole, non fanno del male a nessuno, semmai li prendo come spunti per i personaggi dei miei romanzi.
Le regole del buon giornalista cozzano con le regole del buon giornalista secondo me: io ho smesso di fare giornalismo puro dopo tre anni di cronaca e spettacolo nella redazione di un quotidiano perché non sopportavo di dovermi intromettere nei fatti privati degli altri, soprattutto in situazioni gravi come lutti, incidenti, ecc. Questa è la prima regola del buon giornalista, dunque… io non sarò mai una brava giornalista, in questo senso.
Ugualmente, non sono in grado di fare la critica giornalistica, perché mi manca la spinta alla critica in generale. Penso sempre che non si sa mai chi si ha davanti, quali fragilità sta vivendo in quel periodo della vita, che cosa possa aver passato, quanto di suo possa aver messo in un lavoro e quanto potere di ferirlo io abbia o meno con una critica che magari esce a tutta pagina su un giornale. Non ho mai avuto il coraggio di farlo, per rispetto nei confronti di chi si trova dall’altra parte.
Con questo, non voglio criticare a mia volta tutta la categoria dei giornalisti. Semplicemente, penso che non sia un mestiere nelle mie corde.

Sei d’accordo con tutte e 6 le lezioni di Calvino?
So che potrò apparire alquanto blasfema, ma Calvino non è mai stato tra i miei autori preferiti. Abbiamo modi di vivere la scrittura e la vita in generale piuttosto diversi. Mi ricordo a tal proposito un esame di letteratura che diedi all’università: il professore era un grande amante di Calvino, quindi mi chiese che cosa più mi era piaciuto di lui e del suo ampio mondo letterario. Io gli risposi uno sfrontatissimo “Niente”, ma lo argomentai talmente tanto bene che alla fine mi diede 30 e lode.
Senza nulla togliere a Calvino, che di certo è un mito al pari di Salinger e molti altri, gli autori che io amo si discostano parecchio da questo tipo di realtà narrative.

“Non sono niente./Non sarò mai niente./Non posso voler essere niente./A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.” Così inizia Tabaccheria di Fernando Nogueira Pessoa. Come si pone dentro di te lo stesso argomento?
In questo momento si pone attraverso la paura di non avere il tempo per riuscire a realizzare tutti i miei sogni, che sono davvero tanti, troppi. A dire il vero, mi basterebbe realizzarne uno soltanto, ma purtroppo non dipende solo da me.

Cosa deve avere un personaggio inventato per risultare credibile?
È più credibile se, in qualche modo, trae spunto dalla realtà: per qualcosa che si è visto, un fatto accaduto, dettagli notati sulle persone, momenti rubati. Si è tanto più credibili come scrittori, quanto più si è bravi ad osservare ciò che esiste fuori, rispetto al rimuginare sempre su se stessi.

Intervista a Chiara Giacobelli 2Come si traduce un’emozione in letteratura?
Come una magia. Non è una cosa che spieghi, accade e basta. È un dono che ti viene dato (con cui quasi sempre nasci) e che, se vuoi, puoi contribuire a migliorare nel corso della vita. Ma non lo si sceglie, né lo si compra nelle scuole: lo si possiede per natura, oppure no. Purtroppo la gente quasi sempre non conosce l’altro lato della medaglia, ovvero ciò che questo dono si porta appresso, e che spesso non è altrettanto bello né auspicabile.

Nozionismo o Immaginazione? Se entrambi, come li metti in relazione?
Li metti in relazione con la stessa magia attraverso cui trasformi un’emozione in letteratura. Più pensi a come far accadere una cosa, a come descrivere un fatto, a come veicolare un contenuto reale legandolo all’immaginazione, e più sarai incapace di farlo.
Io, per lo meno, la scrittura l’ho sempre vissuta così: d’istinto. Senza pensarci troppo. E mi piace molto questo concetto di qualcosa – chiamala ispirazione artistica, o quello che vuoi – che a un certo punto arriva, si impossessa di te e crea, nel senso più ampio del termine. È un’esperienza estremamente forte, commovente ed estenuante.

Preferisci la paratassi o l’ipotassi?
Dipende dal modo in cui mi va di scrivere quel determinato romanzo o racconto, che può essere completamente diverso e risultare il prodotto di due autrici potenzialmente distinte. In genere, però, non amo né le frasi troppo costruite alla Proust perché sono un po’ datate per la nostra epoca, ma neppure la paratassi portata all’estremo, come va molto di moda oggi. La trovo in un certo qual modo, se eccessiva, la morte della narrativa e della lingua italiana.

Esiste un equivalente letterario dei cinepanettoni?
Certo, ce ne sono a migliaia sugli scaffali delle librerie e degli Autogrill. Romanzi commerciali sfornati tutti uguali da case editrici interessate principalmente al profitto. Ma il dramma non è questo: il dramma è che la gente li compra in massa, e di conseguenza continuano a vendere milioni di copie.

Quali critiche muovi all’editoria contemporanea italiana?
Non mi sento di muovere critiche perché non sono un editore. Bisogna distinguere bene la differenza tra scrittore ed editore. Io credo che l’artista debba occuparsi di fare il suo mestiere, cioè l’arte. La critica all’editoria la lascio a chi ne conosce i meccanismi meglio di me, o tutt’al più ai giornalisti.

Ogni fine è necessariamente un nuovo inizio?
Per quanto mi riguarda, sì.

di Luca Torzolini

Oggi è un giorno
che si crede stufo di tutto
e insulto ogni uomo e me stesso e le stelle.
Brutto vizio, stufarsi.
Sarebbe meglio nascere imbecille,
e avere una moglie e un lavoro
da cui farsi imprigionare.
Meglio non essere,
come chi legge il giornale
e non capirà mai che in fondo
sono sempre le stesse quattro notizie
e l’identica solitudine incurabile
a dire al collega “Hai visto che è successo?!”

Oggi è un giorno
in cui è meglio lasciarmi stare;
mi sento come Said l’extracomunitario,
marionetta in una catena di montaggio
sgozza 1300 polli ad ogni turno.
E lento scava la fossa in cui ficcare la propria ascesi.

Po-po-pooooo! Po-po-pooooo!
1300 polli
li affronto con righe determinate,
ma di solito dico “Scappa! Sei ancora in tempo…”.
Mi fissano con la coda dell’occhio:
sono uno di quei coglioni che scrivono ancora poesie,
“poesia” una parola più antica di “museo”,
come dice il mio amico Denis.
Al museo non ci sono gelati:
c’è uno che spiega, e particolari, e pensare.
Sulla parola poesia è caduta troppa polvere.

Sono sicuro che
Said vorrà sgozzare me
quando leggerà questa poesia,
ma sono altrettanto sicuro
che non la leggerà,
perché la sue mani conoscono
solo sangue da macello.
Mai sentì
sgorgargli addosso
effluvi di sangue eroico
tra le pagine usurate dai pollici.

Ormai non m’identifico più con niente e con nessuno.
Sono senza speranza
come l’ultima parola di un condannato a morte.
Solo come il silenzio a venire.

Ho studiato filosofie di uomini
che risalivano pecore fluviali
per farsi crocifiggere sull’albero maestro.
Sentii rimbombare il loro amore infinito
nella mia piccola e cinica mente da agnostico:
avrebbero dovuto raccontare alle pecore
la loro illimitata pochezza.
Fare o ricevere violenza
non aiuta il carattere imitativo
del popolo.

Ho letto reietti
insultare perbenisti e benpensanti
dimentichi che hanno già le loro vite.
E tanto basta.

Ho sfogliato superficiali riflessioni
di uomini profondi
e le ho trovate più profonde di me,
d’ogni burrone e abisso
che credevo d’aver visto.
Sento ancora il loro disagio
correre lungo la schiena
e scavare,
prepotente scavare,
fino a raggiungere
il più placido dei nervi
e il più inutile dei capillari
e non fermarsi.

Confutando ogni teoria
ho intravisto la Verità
fumare la sigaretta perfetta e irriducibile
della sconfitta umana
al disco-bar;
l’ho osservata ansimare per la bionda sul cubo
e pensare “Ad un porco non si può leggere la divina commedia!”
Poi si è avvicinata, le ha messo una mano tra le gambe,
e non ha dovuto spendere neanche una bugia.

Non mi dà più conforto alcuno
l’amicizia con i pochi intellettuali;
mi sfinisce l’attesa del bimbo deforme che porto in grembo
e la possibilità (pressoché nulla) di toccarti con queste parole
dove posso ancora farti male,
con lo schifo più violento che provo per te.

Non mi confortano, davvero,
il successo, il denaro e le donne,
offerti come un pacchetto vacanze
a chi si sente già arrivato
disilluso dall’idea che l’ha portato fin là.

Provo tristezza, un’infinita tristezza assassina
per chi invidia la fortuna dell’altro
che nascosto piange ossessioni di mercurio:
rosica per un dio perfetto al quale non potrà parlare. Mai.
Il divo tanto amato da un fan insignificante.

Ma mi alzo ancora al mattino tardi,
con in bocca gli eccessi della notte ,
e mi arrendo al mondo lettera per lettera
declamando alle pareti
poeti che ancora non conosco.

Ma mi muovo ancora, tra le folle,
con la patologica imperfezione che contraddistingue qualunque essere umano
e mi arrischio a castigarvi fonema per fonema
declamando di fronte a voi,
poeti che ancora non conosco.

di Emiliano Ventura

 

Ho sempre avuto interesse per i progetti letterari non compiuti, molti gli esempi di celebri scrittori con taccuini colmi di idee non sviluppate, da Baudelaire a Mario Pomilio, piccole crisalidi letterarie che attendono il tempo della maturazione.
Tra i tanti penso a Dino Campana che tra i suoi progetti mai realizzati aveva in mente di pubblicare un Faust. Questa idea è stata ripresa e compiuta da Carlo D’Urso, autore di questa versione moderna del racconto Faustiano.
Parte da lontano questo mito che incarna la tragedia della conoscenza; nell’antico testamento l’uomo viene cacciato dal paradiso perchè ha colto il frutto della conoscenza.
Nell’era precristiana i greci raccontano la punizione di Prometeo, colui che aveva osato consegnare il fuoco all’uomo, con questo gli aveva donato l’arte della tecnica e della conoscenza; come premio Zeus lo lega alla roccia con un’aquila che gli mangia il fegato, la sua colpa è di aver insegnato all’uomo e di avergli consegnato un sapere.
Variazioni di miti che tornano nel pensiero cristiano che si afferma scalzando la cultura greco-romana. Epoca tra le più travagliate e affascinanti, penso al racconto di Plutarco dove si narra di una voce che spande nel mediterraneo il grido: “Il grande Pan è morto”, indicando così la fine del mito e della cultura greca, l’aneddoto non è immune da un’idea di nostos, una nostalgia che non è priva di desiderio, per dirla con Luzi.
Il cristianesimo si andava lentamente sostituendo nelle coscienze degli uomini, da culto perseguitato, o almeno minore, si andava trasformando in carnefice. Una volta approdato al potere si trasforma nel potere che aveva combattuto, con l’aggiunta di un acredine aumentata dalla frustrazione e dal fanatismo dei votati al martirio; su questo argomento Cioran nel suo Il Funesto demiurgo ha scritto pagine di sublime prosa filosofica.
L’imperatore Giuliano, detto l’Apostata, nel IV sec. d.C., aveva sperato nella restaurazione del culto, una morte precoce ha impedito il suo sostegno alla causa della filosofia e del mito greco. Come non provare ancora commozione di fronte alle parole di Libano nel suo In difesa dei Templi, dove chiede che vengano rispettati gli antichi culti e gli antichi dei.
Ipazia, filosofa neoplatonica cresciuta nell’alveo dell’ellenismo alessandrino del V sec. d.C., è stata massacrata dai cristiani del vescovo Cirillo, fatta a pezzi con cocci e vetri, per ciò che il suo fervore di conoscenza rappresentava, la sua colpa era di insegnare e perseguire la ragione dei greci.
Uno dei padri della chiesa, Tertulliano, afferma che dopo la venuta di Cristo non si deve più essere curiosi, tutto è stato rivelato, il naturale istinto di sapere viene castrato da questi chiosatori del ‘verbo’. Da quando si è affermato il culto e la morale cristiana, l’anelito della conoscenza ha seguito traiettorie sotterranee e carsiche, quasi a ritrovarsi nelle catacombe dell’ufficialità come avevano fatti i loro perseguitori.
Non posso fare a meno di constatare in un quadro simile come sia di gran lunga preferibile, e auspicabile, rivolgere l’attenzione a coloro che si sono opposti a questa visione, vi è maggior ricchezza e simpatia per gli eretici che per i santi; Ireneo di Lione (II-III sec. d.C.) dice: ”gli eretici parlano come noi, ma pensano diversamente”, è quella diversità dall’ortodossia a rendere affascinate l’eretico.
È da questo mondo tartaro e autoctono che emerge il mito di Faust, lo ‘scienziato’ (o Alchimista) che anela alla conoscenza, il mito proviene dalla Germania e da Wittenberg, una cittadina universitaria intorno a cui orbitano i nomi di Lutero, Amleto e Bruno.
Ogni istituto di potere che sia religioso o politico, istituisce i suoi dogmi a cui ci si deve sottomettere, la pena varia dalle epoche e passa dalla morte all’isolamento, allo sberleffo e alla messa in ridicolo o alla damnatio memoriae di chi non si sottomette.
Ridicolo è solo chi si crede depositario di verità assolute, ridicolo è chi mette i libri all’indice, chi pratica censura.  Eretico è etimologicamente colui che fa una scelta diversa, Faust per la conoscenza sceglie di dannarsi da solo, e non vi è scelta più assoluta e radicale.
Quando Marlowe ne fa il protagonista della sua tragedia, la modernità del testo consiste nella scelta del protagonista, non un re o un personaggio storico, ma uno ‘scienziato’, uno che per amore del sapere non esita a cedere l’anima al diavolo.
Il drammaturgo inglese scrive la sua tragedia in piena controriforma, nell’epoca (il XVI secolo) che vede la Chiesa reagire alla riforma protestante con il concilio di Trento che stringe ancora di più il cappio dell’ortodossia, di lì a pochi anni molti moriranno sul rogo per non aver creduto ai dogmi, per aver cercato una libera filosofia.
Questa figura che nasce in Germania ma ha echi nel mito di Prometeo, ha affascinato poeti e scrittori da Marlowe a Goethe, da Pessoa a Campana e questo la dice lunga sui nomi con cui ha deciso di misurarsi Carlo D’Urso.
Il suo Faust è ancora figlio dell’epoca della crisi, ha fatto sua la denuncia di molti pensatori e poeti, molti dei quali riconoscibili, affioranti come frammenti del naufragio della conoscenza e delle lettere: Byron e Nietzsche tra tutti sono i fari che ha seguito. Soprattuto il primo, il poeta inglese ha  i tratti satanici del mito con il suo logorarsi fisicamente dalla passione della vita e delle lettere, come se un fuoco interiore lo avessere consumato anzitempo. Morto poco più che trentenne sui suoi organi interni furono ritrovati segni di consunzione tipica degli anziani. A Nietzsche si riconducono i continui riferimenti a Zarathustra resi pienemante nella scena del teatro.
Il Faust di D’Urso cresce su questo terreno fertile e coltivato da secoli, lo scritto ha la duplice natura dell’uomo medievale, e i diversi significati della stessa letteratura.
Nessun scalpellino intento alla costruzione delle cattedrali credeva di essere un semplice operaio o muratore, ma sapeva di essere geometra e alchimista; ogni artigiano, dal fabbro al dipintore, sapeva di essere stato iniziato a dei segreti per la sua arte, solo noi moderni ci siamo rassegnati ad avere una sola identità nella mediocre burocrazia del nostro operare.
Così questo Faust può essere letto per diletto come se fosse un racconto gotico ottocentesco, e non mancano i richiami a questo genere, ma è soprattutto un’opera di iniziazione (o controiniziazione) un cammino di conoscenza che principia proprio con una bevanda, da lì il lungo cammino di perdizione e di eroico furore che porterà Faust sì alla perdizione ma anche alla conoscenza, al rifiuto del suo stato asinino. I continui riferimenti al ‘libro’, all’opera dello scrittore in fieri, alla traduzione, lasciano indicare il processo di evoluzione e di cresita dello scrittore, del ricercatore e dell’uomo.
É difficile trovare questa molteplice chiave di lettura nella coeva letteratura della chiacchiera e della cronaca, D’Urso attualizza ancora i quattro significati dell’opera letteraria di cui parlava Dante nella famosa epistola a Can Grande Della Scala. Per arrivare a tanto ha però bisogno di più tecniche di scrittura, infatti il testo cambia tono in diversi punti e resiste bene nell’insieme (tra dialoghi, musiche, eserghi e prose poetiche, trasporti di tempo, veglia e sonno) nella sua metafora di contro iniziazione, di rifiuto del presente, del suo essere Inattuale come i quattro scritti nicciani.  È una forma mista di scrittura che trova nei contemporanei pochi esempi, penso a Teorema o alla Divina mimesis di Pasolini.
Per presentarci questo mito che ha radici antiche che si protraggono nel medioevo, D’Urso non ha altra via che usare una tecnica che proviene dagli stessi anni.
L’attualità di questo mito risiede ancora nell’anelito di conoscenza, o nella tragedia della conoscenza, nella voglia, nonostante tutto, di continuare a fare ricerca.
Oggi Faust può essere il ricercatore universitario, colui che contro l’affiliazione alle sette, alle chiese, ai partiti continua a tentare una libera ricerca, per lui il Mefistofele ha il volto kafkiano dell’impiegato ministeriale che gli sottopone un contratto da fame (quando e se glielo sottopone) e da precario, non promette niente e non chiede niente in cambio, tanto il Faust odierno, il ricercatore, sa già di essersi dannato l’anima da solo.

di Guido Bancaldi

Pretenziosa la scelta del personaggio per il primo poema di Edgar Allan Poe. Appena diciottenne, lo scrittore bostoniano decise di vestire i panni del conquistatore mongolo Tamerlano, per di più sul letto di morte, e di raccontare una storia d'amore che sa di sconfitta - forse l'unica della sua vita - per il grande sovrano asiatico.
Probabilmente, fu proprio la scelta di un personaggio sconosciuto alle masse, unita allo stile ancora acerbo di Poe, a decretare l'insuccesso - al tempo - della raccolta contenente proprio il poema in questione. Ciò scoraggiò fortemente lo scrittore, che decise di arruolarsi nell'esercito per guadagnarsi da vivere, ma non a tal punto da impedirgli di continuare ad esprimersi tramite il mezzo a lui più congeniale.
Finalmente, a distanza di quasi due secoli, l'opera ci viene riproposta dalla Sacco editore, con l'accurata traduzione di Carlo D'Urso. E proprio grazie a questa ristampa, la prima in italiano, abbiamo la possibilità di rivalutare un poema, sì immaturo, ma carico di quel talento che ha fatto di Edgar Allan Poe il più grande scrittore americano dell'Ottocento.

Mercoledì 20 aprile alle ore 20 al Fandango Incontro

Via dei Prefetti 22, Roma

 

Cinquemila km al secondo

di

MANUELE FIOR

presentano

 

Igort e Manuele Fior

Cinquemila km al secondo

è il vincitore del primo premio del festival francese di Angoulême,

il più prestigioso riconoscimento europeo dedicato al fumetto

Manuele Fior succede idealmente a Gipi, altro celebre autore italiano pubblicato da Coconino Press – Fandango, vincitore del prestigioso premio di Angoulême nell’edizione 2006 con il graphic novel “Appunti per una storia di guerra”.

Tornare di nuovo a casa, dopo aver vissuto altrove, e rendersi conto che non c'è "niente di cambiato tranne se stessi". È quello che accade a Lucia e Piero, i protagonisti del nuovo, delicato romanzo dei sentimenti narrato a fumetti con i colori ora sommessi ora accesi di Manuele Fior. Dopo una brusca rottura, Piero e Lucia si trasferiscono altrove: lei in Norvegia, dove incontra quello che sarà il padre di suo figlio, lui al Cairo per lavorare come archeologo. Entrambi non riescono a dimenticare, a colmare la mancanza e decidono di rincontrarsi, di nuovo a casa. Come suggeriscono i toni dell'acquerello, qui non li attenderanno i colori vivaci di un amore giovanile, ma solo la sua eco opaca. Un graphic novel d'autore che è il ritratto di una generazione precaria anche negli affetti. Sospesa tra il desiderio di fuga e la nostalgia delle proprie radici.

 

L’AUTORE

Manuele Fior è nato a Cesena nel 1975. Dopo la laurea in Architettura a Venezia nel 2000, si trasferisce a Berlino, dove lavora fino al 2005 come fumettista, illustratore e architetto. Nel 1994 vince il primo premio alla “Bienal do Juvenes Criadores do mediteraneo” di Lisbona – settore fumetto. La collaborazione con l’editore tedesco Avant-Verlag comincia nel 2001 con la rivista Plaque. Da allora inaugura una fitta produzione di storie brevi a fumetti scritte dal fratello Daniele, apparse su Black, Bile Noire, Stripburger, Forresten, Osmosa. “Rosso Oltremare” ha vinto il premio come miglior fumetto 2007 a Oslo, il Premio Micheluzzi per Miglior disegno per un romanzo grafico al Comicon di Napoli. Collabora con Einaudi Ragazzi, Edizioni EL, Fabbri, Internazionale, Il Manifesto, Rolling Stone Magazine, Nathan, Far East Festival. Vive a Parigi. Nel dicembre 2009 ha vinto il prestigioso Prix de la Ville de Genève pour la bande dessinée.

 

Coconino Press

Nata nel 2000 da un progetto di Igort e Carlo Barbieri, Coconino Press è la casa editrice che ha fatto conoscere in Italia i capolavori internazionali del romanzo a fumetti. Fra graphic novel e comics d’autore, la Coconino presenta le firme più importanti del fumetto, un linguaggio narrativo diffuso in tutto il mondo. Igort, Lorenzo Mattotti, David B, Gipi, José Munoz, Jiro Taniguchi, Davide Toffolo, Daniel Clowes: il catalogo della Coconino conta oltre 250 titoli ed è in costante espansione, per raccontare da vicino l’evoluzione dell’arte del fumetto.

Collana: Coconino Cult

Pagine144 a colori, brossurato

Prezzo: 17 euro

Edizioni Coconino Press – Fandango

Uscita: settembre 2010

 

 

UFFICIO STAMPA COCONINO

Luca Baldazzi Tel. 051 325516 - E-mail ufficio.stampa@coconinopress.com

www.coconinopress.com

UFFICIO STAMPA FANDANGO LIBRI

Viale Gorizia 19 -00198 Roma - Tel:+39.06.85218126

Manuela Cavallari Mob: +39.349.6891660 - Email: manuela.cavallari@fandango.it

Francesca Comandini Mob: +39.340.3828160 - Email: francesca.comandini@fandango.it

www.fandango.it

28–29–30 aprile 2011

Info tel 0931/896947 – cell. 338/9147675 relazionipubbliche@comune.noto.sr.it
Ingresso gratuito
www.comune.noto.sr.it


Noto città della bellezza, Noto città incantata, Noto luogo di poesia, passione, visione.
Noto e le sue strade che sono come giardini in cui la pietra prende il posto degli alberi. L’idea centrale di questo progetto è di investire sul concetto di giardino nell’accezione mitologica: il giardino inteso come “luogo” mitico, che contiene verità differenti, che contiene piante d’Oriente e d’Occidente, il giardino inteso così come lo definisce De Certeau, “carta del mondo”. Nel Barocco di Noto questo progetto è un invito al pensiero totale, a vivere l’arte come chiave vitale, capace di aprire orizzonti nuovi attraverso la visione. Un giardino di pietra come narrazione del mondo, in cui forme e segni divengono racconto, intreccio. Il limite del giardino-mondo è allora quello colto per esempio nella poesia di Trakl, è figura del mutamento: metafora centrale della curva barocca che rimanda ad altri possibili.

Non a caso gli artisti e gli intellettuali che interverranno, mostreranno e parleranno di cosa è per loro la Bellezza nella contemporaneità  e porranno l’esperienza della Bellezza non solo al confronto con l’estetica, ma alla prova del moderno, vale a dire del difforme e del disarmonico, anche con l’imprescindibile condizione etica.
Un progetto che pone fra le sue finalità la tutela del territorio e la fruizione consapevole del patrimonio artistico e letterario, ed è rivolto principalmente alle giovani generazioni.
La bellezza della città, così armoniosa da sembrare una finzione, la scena di un teatro, un giardino di pietra, nasce da un fatto tragico: il terremoto del 1693, che in questa parte di Sicilia portò distruzione e morte, ma, nel contempo, diede impulso alla ricostruzione.  Nasce così l’attuale Città barocca, famosa in tutto il mondo e inserita dall’UNESCO nella lista dei siti patrimonio Mondiale dell’Umanità. Dopo anni di mirabile e specializzato restauro oggi Noto non è rappresentata soltanto dalla bellezza delle decine di palazzi nobiliari e delle tantissime chiese barocche e della sua pietra ambrata ma è un esempio di simbiosi tra beni culturali, paesaggio, ambiente e territorio…..un luogo dove si “respira” Cultura, ma dove tutto è basato sull’ eco-sostenibilità e sulla valorizzazione dell’ambiente.

Città teatro-museo aperta, oggi meta turistica che ne ha rilanciato l’immagine nel mondo, perché a Noto, città-concetto, trasmette una sensazione di sacralità.

 

”NOTO - GIARDINO DELLA BELLEZZA”


La prima giornata di giovedi 28 aprile, avrà come tema la poesia, intervengono i poeti Lisi, Attanasio, Condorelli, Scandurra e nel pomeriggio Davide Rondoni.  Vincenzo Sanfo, Presidente dell’Istituto Italiano per le Arti e la Cultura, presenta un video su Mario Schifano.
Zhang Hongmei (Il giardino orientale) interviene con un’installazione che esprime la raffinata intensità della bellezza orientale.
Durante i tre giorni di incontri, Paolo Torri realizzerà la scultura Opera in Corso, dedicata anch’essa al barocco.

La seconda giornata è dedicata all’arte. L’artista Marco Nereo Rotelli presso la chiesa dell’Annunziata aprirà con la sua opera di luce e rappresenterà un cielo costellato di alfabeti, dal titolo Gli alfabeti del mondo, simbologia e magica espressione di universalità, realizzata con un telo sospeso all’interno della chiesa. Rotelli interviene nella chiesa  dell’Annunziata creando una installazione leggera ed intensa. Riprendendo un’opera già presentata alla rotonda della Besana di Milano l’artista estende il concetto concependo un intarsio di lettere e simbologie barocche. Un chiaro omaggio alla città e un contributo visivo allo spazio stesso della chiesa. A ciò si aggiunge una serie di 18 disegni di piccolo formato che saranno esposte in due bacheche dal titolo Lettere perdute e un’ulteriore serie di 12 disegni su un tipo di carta da lui stesso creata per un’installazione cartacea pensata come un viaggio nelle parole che furono per la poetessa Mariannina Coffa. Lo stesso Rotelli curerà la proiezione di alcuni video inediti dedicati ai grandi nomi della poesia italiana contemporanea: Fernanda Pivano, Edoardo Sanguineti (con la lettura della poesia “Bellezze di una vita”) e Mario Luzi (con la lettura della poesia “Venezia”).
Il critico d’arte Giuseppe Frazzetto (Bellezza dell’Arte) parlerà del Sublime Quotidiano leggendo e commentando alcuni brani tratti dal suo libro Molte vite in multiversi. Si inaugura la mostra dell’artista francese Michelle Odelin (Correspondence) che rende omaggio alle forme barocche di Noto.
A seguire l’inaugurazione di mostre di artisti che interferiscono sul concetto del Giardino della Bellezza introdotte dal critico d’arte Annamaria Orsini.
L’artista Luisa Mazza (Luoghi della luce) espone le sue luminose installazioni sempre in bilico fra un vuoto cosmico e la percezione di un altrove, frutto di una ricerca sui luoghi della luce percepiti sia visivamente e sia come metafora della massima espressione della interiorità e della spiritualità.  Intervengono nella stessa giornata i poeti Loretto Rafanelli e Tiziano Broggiato.

La terza giornata di sab 30 aprile, dedicata ai giovani, apre con la proiezione del meraviglioso film di Felice Cappa su Gianni Rodari Un sasso nello stagno.
Nella giornata mondiale del Libro la scrittrice Lucrezia Lerro, con il suo ultimo libro “La bambina che disegnava cuori”, attraversa la condizione della crescita, la scrittrice Francesca Gallo presenta il suo libro Kahuna e le parole di Antonio Riccardi dedicate all’amore, chiudono la sezione degli scrittori, con la presentazione del suo ultimo libro. Enzo Rovella (Bellezza del colore) realizza con le sue texture pittoriche, una serie di cromatici giardini visionari.

Infine il chirurgo estetico Maria Teresa Baldini presenta il libro “DIETRO LA BELLEZZA” scritto a quattro mani con WILLY PASINI (Mondadori) ed interviene con un seminario sul rapporto corpo-mente e il concetto di cambiamento del proprio corpo.

Nelle tre serate del Giardino della Bellezza sono previsti inoltre la performance interattiva di Matteo Ferretti (Brain, la bellezza della mente) e l’inaugurazione della mostra fotografica di Marco Zanella (Storia di un evento) che ripercorre i momenti più significativi della manifestazione.
PARTECIPANO:

ARTE:
- Marco Nereo Rotelli (SCRITTURE BAROCCHE)
- Luisa Mazza (LUOGHI DELLA LUCE)
- Enzo Rovella (BELLEZZA DEL COLORE)
- Zhang Hongmei (IL GIARDINO ORIENTALE)
- Matteo Ferretti (BRAIN, LA BELLEZZA DELLA MENTE)
- PAOLO TORRI (OPERA IN CORSO)
- Michelle Odelin (Correspondence)

FILOSOFIA E CRITICA D’ARTE:
- Giuseppe Frazzetto (BELLEZZA DELL’ARTE)
- Annamaria Orsini (BELLEZZA E MITO)
- Vincenzo Sanfo (PRESIDENTE CENTRO ITALIANO PER LE ARTI E  LA CULTURA)

REGISTI:
- Felice Cappa,  Visione del film (UN SASSO NELLO STAGNO)
- Proiezione dei video su Fernanda Pivano, Mario Luzi, Edoardo Sanguineti (BELLEZZA DI UNA VITA)

POESIA:
Tiziano Broggiato                      Davide Rondoni
Giuseppe Condorelli                  Angelo Scandurra
Paolo Lisi                                 Loretto Rafanelli
Maria Attanasio                        Antonio Riccardi
Davide Rondoni

LETTERATURA:
Francesca Gallo (KAHUNA - ediz. ANGOLO MANZONI)
Lucrezia Lerro ( LA BAMBINA CHE DISEGNAVA CUORI ediz. BOMPIANI)
Antonio Riccardi (Acquarama,  Garzanti)
Davide Rondoni (“Contro la letteratura. Poeti e scrittori. Una strage quotidiana a scuola”  il Saggiatore ediz)
Giuseppe Frazzetto (Molte vite in multiversi, Nuovi media e arte quotidiana, ediz Mimesis)
Maria Teresa Baldini (Dietro la bellezza, Mondadori)

con il FOTOGRAFO: Marco Zanella (“STORIA DI UN EVENTO” MOSTRA FOTOGRAFICA IN TEMPO REALE)


ENTI PROMOTORI: COMUNE DI NOTO, ART PROJECT e REGIONE SICILIA
COLLABORAZIONI:
CUMO (Consorzio Universitario Mediterraneo Orientale) e Provincia Regionale di Siracusa
patrocini: UNESCO - CITTA' E SITI UNESCO - MINISTERO DELL'AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO

PROGRAMMA

Giovedì 28 aprile 2011

ORARIO   LUOGO   TEMA   TITOLO   AUTORE
10.30   Palazzo Ducezio Sala degli specchi Presentazione   Saluto del Sindaco e dell’Amministrazione
11.15   Cattedrale Sagrato Arte   Opera in corso  Inizio realizzazione scultura Scultore Paolo Torri
12.00   CUMO   Video   Schifano, work and live   Presentazione a cura del Prof. Vincenzo Sanfo, Presidente del Centro Italiano Arti e Cultura
16.00   Palazzo Nicolaci o Palazzo Gesuiti    Libro Presentazione Contro la letteratura. Poeti e scrittori. Una strage quotidiana a scuola   Scrittore Davide Rondoni
17.00   Palazzo Modica   Poesia   Pomeriggio poetico  Poesia siciliana: lettura e interventi Poeta Paolo Lisi
17.45   Caffè Sicilia   Poesia   Pomeriggio poetico Poesia siciliana: lettura e interventi Poeta Angelo Scandurra e Giuseppe Condorelli
18.30   Palazzo Astuto  Giardino pensile Poesia   Pomeriggio poetico Poesia siciliana: lettura e interventi Poetessa Maria Attanasio
19.00   Palazzo Astuto  Salone delle feste Arte  vernissage Il giardino orientale   Artista Zhang Hongmei
20.00   Via Nicolaci   Poesia   Letture poetiche ed interventi   Scrittore e poeta Davide Rondoni
23.30   Anche gli angeli   Arte     Brain, la bellezza della mente Performance interattiva Artista Matteo Ferretti
23.30   Anche gli angeli    Fotografia   Storia di un evento  Percorso visivo 1^  giornata Fotografo Marco Zanella

Venerdì 29 aprile 2011

ORARIO   LUOGO   TEMA   TITOLO   AUTORE
11.00   CUMO   Video   Fernanda Pivano, Edoardo Sanguineti, Mario Luzi   A cura dell’artista Marco Nereo Rotelli
12.00   Palazzo Impellizzeri   Arte  Critica Bellezza e mito   Critico d’arte Annamaria Orsini
12.00   Palazzo Impellizzeri   Arte Vernissage Opere dedicate alle poesie di Mariannina Coffa   Artista Marco Nereo Rotelli
16.00   Convento Gesuiti  Sala conferenze Libro Presentazione Molte vite in multiversi   Critico d’arte Prof. Giuseppe Frazzetto
17.30   Palazzo Ducezio  Terrazzo Poesia     Letture poetiche ed interventi   Poeta Tiziano Broggiato
18.00   Palazzo Ducezio Sala degli specchi   Arte Vernissage I luoghi della luce    Artista Luisa Mazza
19.00   Chiesa  SS. Annunziata   Arte Vernissage Costellazione di alfabeti   Artista Marco Nereo Rotelli
19.00   Sagrato SS. Annunziata e S. Agata     Poesia   Letture poetiche ed interventi di Tiziano Brocciato e Loretto Rafanelli
20.00   CUMO   Arte Vernissage Correspondence   Artista Michelle Odelin
21.00   Basilica  SS. Salvatore   Arte Vernissage I luoghi della luce   Artista Luisa Mazza
21.00   Sagrato Basilica SS. Salvatore   Poesia   Letture poetiche ed interventi   Poeta Loretto Rafanelli
23.30   Anche gli angeli   Arte     Brain, la bellezza della mente Performance interattiva Artista Matteo Ferretti
23.30   Anche gli angeli   Fotografia   Storia di un evento  Percorso visivo 2^ giornata Fotografo Marco Zanella

Sabato 30 aprile 2011

ORARIO   LUOGO   TEMA   TITOLO   AUTORE
09.00 11.30 15.30   CUMO   Film Presentazione e proiezione Un sasso nello stagno   Regista Felice Cappa
12.00   CUMO   Libro Presentazione Kahuna   Scrittrice Francesca Gallo
16.00   Palazzo Nicolaci Salone delle feste Libro Presentazione La bambina che disegnava cuori   Scrittrice Lucrezia Lerro
17.00   Palazzo Nicolaci Salone delle feste Seminario   Il corpo ossessione e bellezza   Chirurgo estetico D.ssa Maria Teresa Baldini
18.30   Sala Gagliardi  presentazione libro Acquarama Scrittore Antonio Riccardi
19.15   Sala Gagliardi   Arte Vernissage Bellezza del colore   Artista Enzo Rovella
20.00   Sala Gagliardi  Terrazzo Poesia   Letture poetiche ed interventi di Lucrezia Lerro, Antonio Riccardi e Loretto Rafanelli
23.30   Anche gli angeli   Arte     Brain, la bellezza della mente Performance interattiva Artista Matteo Ferretti
23.30   Anche gli angeli   Fotografia   Storia di un evento  Percorso visivo 3^ giornata Fotografo Marco Zanella

 


BIOGRAFIE

MARCO NEREO ROTELLI è nato a Venezia nel 1955, dove si è laureato in architettura nel 1982. Da anni persegue una ricerca sulla luce e sulla dimensione poetica - che Harald Szeemann ha definito come “un ampliamento del contesto artistico” - e Achille Bonito Oliva "la riconquista per l'arte di uno spazio reale" creando un’interrelazione tra l’arte e le diverse discipline del sapere. Da qui il coinvolgimento nella sua ricerca di filosofi, musicisti, fotografi, registi, ma il suo rapporto è principalmente con la poesia che è divenuta un riferimento costante per il suo lavoro. Tra le personalità con cui ha collaborato figurano Fernanda Pivano, Alda Merini, Maria Luisa Spaziani, Alberto Cappi, Roberto Mussapi, Roberto Carifi, Loretto Rafanelli, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Valerio Magrelli, Yang Lian, Adonis e Andrea Zanzotto. In particolare, per l’opera di Rotelli, è di grande importanza il rapporto con Edoardo Sanguineti, conosciuto nel 1995 all’Università di Bologna e poi compagno fino alla morte di tutto il suo percorso artistico. Anche l’amicizia con Fernanda Pivano (che su Rotelli ha scritto il libro Ho fatto una pace separata) ha dato alla produzione di Rotelli uno stimolo di vitale importanza. Dal suo interesse per l’Isola di Pasqua, che prenderà avvio con un’indagine sull’antico e non ancora decifrato linguaggio Rapa Nui, l’alfabeto Rongo Rongo (2004) inizia a sviluppare una lunga serie di opere, ispirate all’indecifrabilità dei linguaggi perduti, come riscoperta di mondi poetici ancora sconosciuti, come quello dei Boscimani o i simboli dei Nativi Americani. Nel 2000 fonda il gruppo Art Project, diretto da Elena Lombardi e composto da giovani artisti ed architetti, con il quale realizza numerosi interventi e progetti di installazione urbana. Questo suo impegno gli è valso la partecipazione a quattro edizioni della Biennale di Venezia, oltre a numerose mostre personali e collettive. Le sue opere sono presenti in importanti musei e collezioni private di tutto il mondo, tra cui: Museo di Cà Pesaro Venezia, Kunsthalle Norimberga, Kunsthaus Murburg, Museo Cuevas Città del Messico, PAC Milano, Marie du Pantheon Parigi, Museo delle Albere Trento. Vive e lavora a Milano e Parigi. Nel 2011 è l’unico artista invitato a esporre al Carnevale di Venezia con una serie di installazioni dedicate ai maggiori poeti italiani del ‘900.

ANTONIO RICCARDI è nato a Parma nel 1962. Laureato in filosofia all'Università di Pavia, si è occupato di mistica dell'età rinascimentale pubblicando un saggio su questo argomento presso University of Pennsylvania Press di Philadelphia. Ha raccolto le sue poesie nei libri Il profitto domestico (Mondadori, 1996) e Gli impianti del dovere e della guerra (Garzanti, 2004, vincitore del Premio Elsa Morante).
Ex direttore editoriale della Mondadori Libri, collabora a diverse riviste e quotidiani e partecipa alla direzione delle riviste culturali "Nuovi argomenti" (Mondadori) e "Letture" (Edizioni San Paolo).Ha curato il volume di saggi Per la poesia tra novecento e nuovo Millennio (Edizioni San Paolo). Per la collana Oscar Classici ha curato le edizioni del Candelaio e della Cena delle Ceneri di Giordano Bruno. Ha tenuto conferenze e lezioni in Italia, negli Stati Uniti, in Francia e in Danimarca.

ZHANG HONGMEI (Jinan 1973) è una pittrice, disegnatrice tessile e insegnante cinese .Nata nella provincia dello Shandong nel 1973, si laurea nel 1996 alla Accademia di Belle Arti dello Shandong e successivamente nel 2001 consegue un'altra laurea presso l'Università Qing Hua in disegno tessile. Dal 1996 al 1998 insegna presso l'Istituto Sindacale dello Shandong e, dal 2000 al 2001, insegna disegno tessile all'Istituto di Istruzione Specialistica per portatori di Handicap. Attualmente insegna presso la Shandong University of Art and Design di Jinan, dove è vicedirettore di dipartimento.Nel 2000 e nel 2002 è invitata alle Biennali d'arte Internazionale di Pechino con i suoi disegni per tessuti; nel 2001 viene invitata alla International Exhibition Woman in Art e nello stesso anno vince il secondo premio al concorso indetto dalla Qing Hua University, mentre nel 2004 vince il premio per l'Insegnamento dell'Arte Tessile.I suoi lavori sono riletture della iconografia cinese, con tarsie, linee e segni colorati che coprono, evidenziano o sottolineano le immagini preesistenti partendo da una rilettura dell'astrattismo geometrico internazionale sia dell'avanguardia russa che staunitense e occidentale.Nel 2010 ha realizzato in Italia le scenografie per il Premio Tenco e ha paretecipato alle mostre Stemperando svoltesi a Torino, Cosenza e Roma e alla Biennale Internazionale di Sabbioneta con una sala personale.

DAVIDE RONDONI 1964 è un poeta, scrittore, opinionista e critico per il Sole 24 ore e Avvenire e realizza programmi di poesia per tv2000 italiano. E' laureato in letteratura italiana all'Università di Bologna con Ezio Raimondi. Ha fondato e dirige il Centro di Poesia Contemporanea in seno all'Università felsinea. Ha scritto diverse raccolte di poesia, pubblicate in Italia, nei principali Paesi europei, ed anche negli Stati Uniti . Ha tenuto e tiene corsi di poesia e di letteratura negli atenei di Bologna, Milano Cattolica, Genova, Iulm, nonché all'estero all'Università di Yale e alla Columbia University americane. Ha fondato e dirge la rivista clanDestino; è direttore artistico del festival Dante09 a Ravenna.

GIUSEPPE FRAZZETTO (Catania, 1955) insegna Storia dell’arte contemporanea, Storia dei nuovi media, Storia e teoria del videogame. Collabora o ha collaborato con quotidiani (“La Sicilia”, “Espresso Sera”, “Giornale del Sud”) e riviste specializzate (“Segno”, “Il giornale dell’arte”, “Arte e critica”, “Tema celeste”, “Terzoocchio”, “Apeiron”). Ha organizzato numerose mostre d’arte contemporanea, spesso dedicate al rapporto fra arte e critica o caratterizzate da un impianto performativo e concettuale. Ha pubblicato saggi sul rapporto fra globalizzazione e sviluppi artistici locali (Solitari come nuvole, 1988; La questione siciliana, 1997; Gibellina. La mano e la stella, 2007).  Altro tema essenziale delle sue ricerche è quello dell’interazione fra tecnologia, estetica e “terzo stato dell’arte”. Argomenti analizzati in numerosi testi brevi (spesso apparsi su testate on line) e nei volumi Museo. Aporia dell’immagine, 1994; L’implosione postcontemporanea, 2002; L’invenzione del nuovo, 2004; Per una teoria degli IDHE. Introduzione ai videogiochi, 2010; Molte vite in multiversi. Nuovi media e arte quotidiana, 2010.

VINCENZO SANFO (Cuneo, 1946) presidente e fondatore del Centro Italiano per le Arti e la Cultura è stato per oltre 11 anni direttore del settore cataloghi d’arte del gruppo editoriale Fabbri-Rizzoli con il quale ha realizzato oltre trecento pubblicazioni d’arte. Nell’arco della sua attività ha collaborato con tutte le più importanti istituzioni internazionali , quali ad esempio Palazzo Grassi a Venezia, il Centro de Arte Reina Sofia di Madrid e dal 1988, con la Biennale di Venezia e con il Festival del Cinema di Venezia . Collabora in maniera continuativa con la Città di Parigi per la quale ha realizzato alcune importanti iniziative, tra cui Pierre e Rome vingt siècles d’élan createurmostra sui capolavori del Vaticano da Michelangelo ai giorni nostri, Le Tintoretgrande esposizione delle pale d’altare di Tintoretto dalle chiese Veneziane, Hadrien: les trésors de la villa imperiale de Tivoli” e con l’artista Marco Nereo Rotelli ha realizzato una grande installazione sulla facciata del Petit Palais di Parigi. In particolare nel 2001/2002 ha curato la mostra Picasso Black & White, che ha toccato quattro città della Cina, organizzata in collaborazione con l’Ambasciata di Francia e con il Museo di Lodève, con il quale collabora da oltre cinque anni. Infine, incarico tra i più prestigiosi nell’ambito della Cina, è stato nominato curatore della sezione internazionale nella prima Biennale di Pechino 2003, nella seconda edizione del 2005 e in quella del 2008.

MATTEO FERRETTI nasce  a  Parma  nel  1976. Diplomato all'Istituto d'Arte della stessa città. Vive e lavora tra Parma, Milano e Miami. La sua attuale ricerca fra energia rinnovabile e forme è frutto di un percorso artistico e personale che lo ha portato a interrogarsi sulla contemporaneità affrontando la connessione tra mente e natura. Il punto di partenza è il potenziale della mente, luogo d'origine della capacità di interpretare e focalizzare sensazioni e intuizioni. Luogo onirico e reale al tempo stesso nel quale inizia il viaggio di conoscenza dell'uomo: l'energia si fa forma e diventa pensiero, idea, azione.

LUISA MAZZA originaria di Noto, vive e lavora a Roma dove ha frequentato l’Accademia di Costume e di Moda. Ha distribuito i suoi interessi tra campi diversi: ideazione di costumi teatrali, collaborazioni come stilista con fotografi di moda, insegnamento, decorazioni per poi approdare alla realizzazione di opere pittoriche e scultoree.
Ha tenuto la sua prima personale al Centro “Luigi Di Sarro” di Roma nel 2003. Tra le esposizioni più importanti, le personali presso la galleria Ellequadro nel 2005 e nel 2007 al Palazzo Ducale di Genova, alla L.i.Art di Roma nel 2004 e nel 2008, alla Città della Pace di Rondine (Arezzo) nel 2007. Ha partecipato a varie edizioni di Artour-o a Shanghai, Yiwo (Cina) ed a Firenze, dove nel 2009 ha esposto per la Fondazione Atchugarry e nei musei di Santa Maria Novella e Bigallo.  Nel corso dello stesso anno ha inoltre partecipato a Road to Contemporary Art Roma e all’iniziativa della Bloomsbury Auctions “Artisti per Luchu” ed ha tenuto un seminario presso l’Università di Tor Vergata, Roma. Nel 2010 è stata presente ai Musei Borgogna e Leone di Vercelli  (evento collaterale Guggenheim) ed è tra le 3 protagoniste della mostra itinerante “L’apparenza ambigua” a cura di Giorgio Bonomi, con prima tappa Milano (galleria Derbylius), secondo appuntamento Roma (Centro Luigi Di Sarro) e prossimamente a Perugia.
Tra i riconoscimenti più importanti il premio “Arte Metro Roma” e nel 2007 ha vinto il concorso per opere d’arte bandito dal Ministero delle Infrastrutture per il quale ha realizzato un’opera di grandi dimensioni.Hanno scritto del suo lavoro Giorgio Bonomi, Luca Arnaudo, Marcello Carriero, Patrizia Ferri, Clara Iannarelli, Tiziana Leopizzi, Barbara Martusciello, Olivia Spatola, Chiara Massini, Micaela Mander

FELICE CAPPA (Rionero in Vulture, 16 giugno 1963), giornalista, autore e regista, ha partecipato con installazioni visive a due edizioni della Biennale Giovani artisti del Mediterraneo (1984, 1986). Dopo aver collaborato con teatri e istituzioni culturali pubbliche e private (Piccolo Teatro, Triennale, Ice, Dams, Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, Scuola Holden) ha iniziato la sua collaborazione con la Rai come assistente di Carlo Freccero e come consulente artistico di Palcoscenico. Ha curato, scritto e adattato per la televisione numerosi programmi, tra gli altri: Vajont e I-TIGI, Canto per Ustica con Marco Paolini; Totem con Alessandro Baricco e Gabriele Vacis; Corpo di stato e Francesco a testa in giù con Marco Baliani; Totò Principe di Danimarca con Leo De Berardinis; le biografie: Eduardo racconta Eduardo, Sinopoli, i tre cuori dell’uomo; Giorgio Strehler o la passione teatrale. Dal 1997 collabora stabilmente con Dario Fo e Franca Rame.Da dieci anni firma regie alternando spettacoli, film, documentari d’arte e riprese di teatro per la televisione.Nel 2009 Promo Music - Corvino Meda Editore in collaborazione con Rai Trade realizza  il documentario "Il Sangue e la Neve”, la protagonista che recita la parte della giornalista è Ottavia Piccolo e il regista è Felice Cappa. In seguito alle numerose pubblicazioni librarie dirette a sensibilizzare le coscienze dei lettori, Felice Cappa sceglie di indirizzarsi ad un pubblico diverso, rielaborando per la televisione il testo teatrale scritto da Stefano Massini e interpretato per il teatro dalla stessa Ottavia Piccolo. Ne è derivato uno straordinario contributo visuale che permette agli spettatori di accompagnare le parole di Anna Politkovskaja alla sua immagine che si muove solitaria in uno sfondo cupo e desolato mentre racconta le sue esperienze in una Cecenia in guerra e le difficoltà della sua professione che le sono costate l’etichetta di nemica della Russia incorreggibile e per giusta non rieducabile.Nel 2010 sempre per Promo Music - Corvino Meda Editore (in collaborazione con Rai Trade) esce  "Binario 21. Il canto del popolo ebreo massacrato". Moni Ovadia con questo testo teatrale adattato appositamente per la televisione tramanda al grande pubblico il tragico ricordo della Shoah affinché niente di simile possa più accadere. E al termine dello spettacolo incontra Liliana Segre che racconta la sua deportazione dal Binario 21 della stazione centrale di Milano.Nella regia di Felice Cappa lo spettacolo è messo in scena proprio in questo luogo, che diventerà la sede della Fondazione Memoriale della Shoah. Nel montaggio, le riprese della performance si alternano con il pellegrinaggio in Polonia di Moni Ovadia che ritorna nei luoghi dello sterminio.

LUCREZIA LERRO è nata a Omignano, in provincia di Salerno, nel 1977. Ha studiato Scienze dell’educazione all’Università di Firenze. Sue poesie sono apparse su “Nuovi Argomenti”,  nell’“Almanacco dello Specchio” (Mondadori) e nell’antologia Nuovissima poesia italiana (Oscar Mondadori). Nel 2005 ha pubblicato per i tipi di peQuod Certi giorni sono felice, Selezione Premio Strega 2006 (riproposto nel 2008 nei Tascabili Bompiani). Per Bompiani ha pubblicato Il rimedio perfetto (2007) e La più bella del mondo (2008).

TIZIANO BROGGIATO è nato a Vicenza, dove vive, nel 1953. I suoi libri di poesia più recenti sono: Parca lux (Marsilio, 2001; Premio Montale 2002), Anticipo della notte (Marietti, 2006) e Dieci poesie (in Almanacco dello Specchio – Mondadori, 2007). Ha curato le antologie Canti dall’universo – Dieci poeti italiani degli anni ’80 (Marcos y Marcos, 1988) e Lune gemelle (Palomar, 1998). Numerose le traduzioni della sua opera poetica in diverse lingue, tra cui, in volume, Davancer la nuit (Edition Revue Conference, 2007 – Versione in francese di Cristophe Carraud) e la selezione antologica Poems 1983 – 2006 (Guernica Editions, 2009 – tradotta e curata da Patricia Hanley e Laura Mosco).

ANGELO SCANDURRA (1948) vive a Valverde (CT). Promotore del “Gruppo Teatro Nuovo” e direttore della rivista “Il Girasole”, nel 1986 ha fondato “Il Girasole Edizioni”, che accoglie testi di poesia, narrativa e saggistica. Animatore culturale, dal 2003 è Direttore Artistico sezione Arte di Etnafest, rassegna internazionale di Arte, Cinema e Musica. Fra le sue opere il saggio storico Valverde. Un comune dalla leggenda alla storia (Iscre, Catania 1977); l’opera narrativa Appunti per un colloquio forzato (La Vita Felice, Milano 2000), dalla quale è stato tratto il testo teatrale Per un colloquio forzato. Per la poesia: Fuori dalle mura (Sciascia, Caltanissetta 1983 – finalista Premio Viareggio), L’impossibile confine (Piero Manni, Lecce 1989, Premio Cilento-Pinto. Finalista Premio Viareggio-Rèpaci), Trigonometria di ragni (Scheiwiller, Milano 1993), Criteri di fuga (Passigli, Firenze 1998), Il bersaglio e il silenzio (Passigli, Firenze 2003). Una scelta delle sue poesie è stata pubblicata in Svezia, in Spagna e negli Stati Uniti.

LORETTO RAFANELLI è nato a Porretta Terme (BO). Ha pubblicato la raccolta di poesie I confini del Viso (Forum, 1987), il libro di saggi, prose e aforismi Il sangue della ricordanza (I Quaderni del Battello Ebbro, 1994), il libro di drammaturgia Nelle buie stanze (I Quaderni del Battello Ebbro, 1997), composto dai drammi "I ciclamini di Bosnia" e "Nelle buie stanze" e il volume di poesia Il silenzio dei nomi (Jaca Book, 2002). Dirige la casa editrice I Quaderni del Battello Ebbro, di cui ha curato numerosi volumi, e la rivista omonima di letteratura. Ha realizzato con l’artista Marco N. Rotelli diversi progetti tra arte e poesia, fra cui "Bunker poetico" per la Biennale di Venezia 2001. Ha ideato e dirige eventi culturali nazionali quali "Scrittori nelle scuole" e "Itinerari poetici".

MARIA ATTANASIO (Caltagirone , 1943) è una poetessa e scrittrice  italiana,  autrice di romanzi e di saggi. È stata preside al Liceo Classico della città natale e consigliere comunale del PCI; in seguito, sempre di sinistra ma indipendente. In politica è stata la prima donna dirigente del comprensorio del Calatino. Oltre che poesie e romanzi brevi, scrive e pubblica saggi su storia e letteratura, e collabora a riviste, tra cui "Autobus", "Cobold", "Nuovi Argomenti", "Per approssimazione", "U & G", "Spirali", "Tabella di marcia" . Ha collaborato anche col quotidiano "La Sicilia".

FRANCESCA GALLO E' nata a Milano ma vive e lavora a Genova. Dopo anni di favole della buonanotte alle sue figlie approda per caso e per divertimento alla narrativa. Selezionata per il premio Gutenberg con la favola "Ireos l'iris". Menzione d'onore al concorso internazionale per la fiaba illustrata con "Come innervosire un druido e vivere felici". Pubblica con Edicolors la favola "Shiro" nella collana "Gli Acquarielli" e "Il latte di Rainbow" nella collana "I Contastorie". Ha creato per la Associazione Assegno Amico Onlus, promossa dalla Fondazione Gaslini di Genova, il personaggio di Hubi, protagonista di una serie di libri per bambini edita da TaToh

MARCO ZANELLA nasce a Parma nel 1984. Nel 2007 si sposta nella città di Milano ed inizia a lavorare per gli artisti Marco Nereo Rotelli e Matteo Ferretti per i quali pubblica numerosi cataloghi. Si diploma all'Istituto Italiano di Fotografia (I.I.F.) nel 2009. Nello stesso anno realizza il suo primo libro fotografico intitolato “Variazioni: fotografie alla scuola del Piccolo” edito dall'Istituto di Fotografia. A Firenze partecipa all'edizione 2009 di “ARTour-o” curata da Tiziana Leopizzi. Collabora con Marco Rotelli all'evento “Notte di Luce” della Biennale di Venezia 2009. Nel contempo inizia la collaborazione con l'agenzia Reset Communication di Milano. A Ottobre 2009, inseme al critico Roberto Mutti, presenta a Milano presso la libreria Feltrinelli di piazza Piemonte il suo lavoro su Scanno.
Tuttora è impegnato nella realizzazione del progetto “La macchina del teatro“, che vede proseguire la sua collaborazione col Piccolo Teatro e con l'Istituto Italiano di Fotografia.
Vive e lavora tra Parma e Milano.

ENZO ROVELLA
Vive e lavora a Catania dove è nato il 19 Febbraio 1966. Inizia ad esporre nel 1992 in una collettiva tenuta alla galleria Cefalì di Catania. L'anno dopo tiene la sua prima personale, curata da Francesco Gallo, alla Galleria Altaureola di Acireale. Nel 2005 ha esposto alla Biennale di Pechino curata da Vincenzo Sanfo del Centro Italiano per le arti e la cultura. Tra le sue principali esposizioni spiccano la partecipazione alla XIV QUADRIENNALE ANTPRIMA NAPOLI a Palazzo Reale nel 2003, una personale tenuta da Sergio Tossi curata da Demetrio Paparoni, una collettiva all'Attico di Fabio Sargentini curata sempre da Demetrio Paparoni e varie partecipazioni a mostre internazionali. Recentemente ha tenuto una personale al Monastero dei Benedettini di Catania curata da Beatrice Buscaroli e una personale alla galleria Bianca Maria Rizzi di Milano presentata da Alberto Zanchetta
E' presente in diverse collezioni pubbliche e eprivate. Sue opere sono state acquisite da fondazioni private.

MARIA TERESA BALDINI Nata a Forte dei Marmi, a 15 anni si trasferisce a Milano dove entra a far parte della squadra di basket campione d'Italia e vince la Coppa dei Campioni. Nazionale italiana della squadra di basket, viene inserita nell'albo d'oro dello sport italiano. Laurea in medicina e chirurgia presso l'Università di Milano con il massimo dei voti.Specialità in Microchirurgia e chirurgia sperimentale presso l'Università di Pavia. Per 11 anni fa parte dello staff dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano nel reparto di chirurgia oncologica. Per 15 anni lavora per la Lega Italiana Tumori nei programmi di screening per i tumori della pelle e per la prevenzione dei tumori al seno. Collabora con i migliori specialisti nel settore estetico in Brasile, negli Stati Uniti e in Europa. Apre il Centro Medicina e Salute di microchirurgia laser applicata sia all'estetica che all'oncologia. Il Centro opera a Milano e a Forte dei Marmi. Fonda a Milano lo Spazio Ippocrate con finalità divulgative, scientifiche e culturali. Lo spazio Ippocrate organizza periodicamente incontri multidisciplinari sulle varie sfaccettature del concetto di bellezza. Parallelamente nasce una associazione culturale-scientifica di cui la Dott.ssa Baldini è presidente, che ogni anno organizza il Premio Internazionale "Dietro la Bellezza" a Forte dei Marmi. La Dott.ssa Baldini è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali. Recentemente ha scritto in collaborazione con il Prof. Willy Pasini il libro "Dietro la Bellezza", edizioni Mondadori . A scopo educativo e divulgativo partecipa a trasmissioni televisive e radio e tiene rubriche per vari periodici. .

di Hanry Menphis e Giorgia Tribuiani

Intervista realizzata nell'ambito del festival Collisioni (www.collisioni.it)

Quando hai iniziato  a scrivere e quanto tempo ci è voluto prima che iniziassi a recitare i tuoi versi in pubblico?
Queste son due domande…

Ne faccio due a due così fingo di farne la metà.
Ho iniziato da subito. Appena ho imparato a scrivere mi è interessato subito mettere su carta le emozioni, anche quelle infantili. Credo sia una cosa che nasca da dentro. Per quanto riguarda i reading, invece, ho iniziato in maniera casuale: non avevo nessuna intenzione di diventare performer di quello che scrivo, tuttavia ho sempre amato la tradizione orale e quando mi son trovato per caso con Vinicio Capossela a recitare i versi di John Fante abbiamo colto l’occasione per vedere che effetto avrebbero fatto i nostri scritti recitati. Mi è piaciuto, ho scoperto che potevo pagare le bollette: perché non andare avanti?

Preferisci avere un lettore che si avvicini in maniera intima leggendo quello che scrivi oppure un ascoltatore che partecipi alla performance?
È uguale. Quando scrivo non penso a come sarebbe se le raccontassi io o se le leggesse qualcuno. Le mie emozioni sono le mie emozioni, mi piace l’idea che chiunque legga o ascolti le trasformi in sue.

Chi sono i tuoi maestri?
Il più grande maestro è Cesare Pavese. Amo molto Emanuel Carnevali, come tanti altri autori italiani dimenticati, ma anche Dostoevskij e l’Hemingway poeta. Mi piace spulciare.

Vincenzo Costantino e Chinaski sono la stessa persona?
Certo, è solo uno pseudonimo che mi diedero da ragazzino, dato che già allora bevevo molto. Bevevo e scrivevo: l’accostamento con Bukowski è stato immediato.

Come vedi l’attuale disfacimento culturale in Italia?
Vuoi un suono gutturale come risposta?

Andrebbe benissimo, purtroppo l’intervista sarà scritta…
Ti dico solo una cosa: l’Italia in questo momento si merita Federico Moccia.

Quindi è la domanda a stuzzicare l’offerta?
Il lettore intelligente fa il buon scrittore, non il contrario. Se uno scrive bene ha buoni lettori, se uno scrive male ha pessimi lettori.

Progetti nell’immediato?
Ad ottobre è uscita una mia raccolta di poesie e racconti brevi: Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare.

di Giorgia Tribuiani e Luca Torzolini

foto di Gianfranco Mura

Come e quando è nata l’idea di dar vita al festival Collisioni?
L’idea di Collisioni è stata prima di tutto una grande sfida. Quando ci siamo trovati e abbiamo deciso di farlo c’era un profondo malessere nel mondo della cultura, dell’associazionismo e soprattutto in quello dei lettori; nel mondo di persone autentiche come i miei amici di Alba e quelli espatriati da Alba.
C’era il modello del Premio Grinzane Cavour e abbiamo fatto Collisioni lavorando in antitesi a quel modello. Non ci piaceva l’idea di un festival di letteratura elitario, dove è necessario un invito per partecipare e dove si trova solo una cultura di tipo accademico. Lo trovavamo sbagliato, vecchio, legato agli anni ’80. Il Premio Grinzane ci aveva lasciato l’idea che il libro fosse qualcosa di estremamente noioso e sorpassato.

Da chi è composto lo staff?
Il bello di Collisioni è che lo staff si arricchisce ogni anno di nuovi elementi, spesso gli stessi autori che hanno partecipato nelle edizioni precedenti. Per esempio Hari Kunzru, uno tra i più promettenti autori inglesi contemporanei e nostro ospite lo scorso anno, ha collaborato con passione all’ideazione artistica del cartellone del 2011. Poi ci sono artisti, giornalisti, scrittori come Antonio Scurati, Emilio Targia, Piero Negri Scaglione, Sergio Dogliani, Valerio Berruti. E naturalmente i volontari, che devo ringraziare davvero per l’entusiasmo che mettono sempre nel loro lavoro: da Paola Eusebio, che si occupa dell’organizzazione e del Progetto Giovani (uno dei progetti di maggior interesse del festival, che prevede l’ospitalità di più di 200 ragazzi da tutta Italia), a Serena Anselma, Gianluca Lovisolo, Fabrizio Davico, Antonio Spampanato e i moltissimi altri volontari che da tre anni sostengono moralmente l’iniziativa e continuano a crederci. Senza di loro Collisioni non esisterebbe.

Quali sono i criteri che utilizzate per selezionare gli artisti?
Gli artisti che chiamiamo sono innanzitutto autori di eccellenza, sia nel campo della letteratura sia in quello della musica. Quest’anno abbiamo l’onore di avere alcuni tra i maggiori scrittori internazionali viventi: da Paul Auster, a Salman Rushdie, a William Least Heat-Moon, a Hanif Kureishi; mentre per la musica il simbolo per eccellenza del rock italiano, Luciano Ligabue. Ovviamente sono tutti autori che hanno lasciato un segno profondo nella nostra sensibilità e che sono in grado di parlare a un pubblico di generazioni diverse, che s’incontrano, entrano in contatto tra loro e discutono di argomenti attuali. Naturalmente la letteratura è mescolata alla musica, gli scrittori dialogano con i musicisti e con gli altri artisti, creando prospettive diverse e traiettorie che possano suscitare riflessioni nuove nel pubblico.

Chi, tra gli artisti, ha dato maggiore sostegno all’evento?
Ho già citato Antonio Scurati e Hari Kunzru, che ci hanno sostenuto molto, ma non sono i soli. Devo dire che tutti gli autori che sono intervenuti a Collisioni, anche durante la nostra rassegna annuale, ci hanno sostenuto: Paolo Rumiz, Vittorino Andreoli, Serge Latouche, Jonathan Coe, tutti sono rimasti davvero entusiasti della nostra iniziativa, perché si sono trovati di fronte a un pubblico numeroso e molto caldo; un pubblico di lettori accorso anche da lontano per ascoltare la loro voce. Questo ha dato loro una nuova energia e una grande soddisfazione.

È stato difficile convincere a partecipare personalità internazionali come José Saramago, Riyoko Ikeda o Abraham Yehoshua?
Più che difficile, lungo. Soprattutto per quanto riguarda l’autrice di Lady Oscar, Riyoko Ikeda, che abbiamo contattato molti mesi prima della manifestazione. In generale, la programmazione inizia diversi mesi prima: spiegare il nostro progetto, complesso e molto particolare, richiede tempo ed energie, ma alla fine il lavoro ci ha sempre dato dei grandi risultati.

Il pubblico è riuscito a interagire con loro?
Certamente. Gli incontri prevedono sempre un intervento del pubblico con domande agli autori. Anzi, spesso abbiamo dovuto escludere delle domande per mancanza di tempo. In generale, comunque, l’atmosfera rilassata della manifestazione e del paese di Novello rende i nostri ospiti sempre più allegri e disponibili al contatto diretto con la gente, anche al di fuori degli interventi veri e propri.

Com’è stato accolto l’evento in Italia?
Abbiamo avuto spettatori da tutto il territorio nazionale, molti ne hanno approfittato per fare un weekend in Langa. Il festival ha anche attirato l’attenzione di giornali e testate nazionali.

In molti giustificano un’offerta culturale qualitativamente scarsa con una presunta domanda altrettanto bassa da parte del pubblico. Collisioni invalida questa tesi: com’è stato possibile coniugare la realizzazione di un evento “intellettuale” con un ampio successo di pubblico?
Questo è stato possibile con l’azione di coinvolgimento del territorio, l’atteggiamento aperto e collaborativo con qualsiasi realtà e associazione interessata a creare un sistema di rete, dove mettere in campo competenze e aiutarsi vicendevolmente. È importante, poi, non dimenticare i giovani, che se coinvolti possono dare un apporto rilevante alla cultura. Il grande lavoro che è stato fatto da Collisioni è stato aggregare persone, mettere insieme nello stesso cartellone nomi della letteratura e della musica più o meno popolari, non limitarsi a parlare linguaggi accademici, ma puntare sulla diffusione e sulla qualità allo stesso tempo; e soprattutto, avere stima del pubblico. Trovare seicento persone davanti a un teatro per ascoltare un incontro letterario suona quasi incredibile, ma dimostra come le persone non abbiano affatto smesso di leggere e di pensare.

Che ruolo ha avuto il web nella promozione del festival?
I canali web sono stati molto importanti per noi e per la nostra diffusione. Soprattutto perché, avendo un budget sempre ristretto, sono i mezzi più economici e più seguiti dalla gente e dai giovani. Sono facilmente aggiornabili e, specie i social network, sono un ulteriore mezzo di aggregazione e coinvolgimento diretto delle persone.

Può anticiparci qualcosa sul prossimo festival e suoi personaggi che saranno presenti?
Ho già citato alcuni nomi, ma ne voglio svelare altri. Prima di tutto voglio ricordare che il concerto di Caparezza si terrà venerdì 27 maggio come apertura del festival, anticipato da un dialogo tra il cantante pugliese e Don Ciotti. Poi ci sarà il dialogo tra Francesco Bianconi e Paolo Giordano, l’intervento di Paolo Nori, Maria Luisa Busi, Enrico Ruggeri, Elio, del grande regista premio Oscar Michael Cimino, Luciana Littizzetto, Roy Paci e di molti altri ancora che potrete scoprire sul nostro sito. Non dimentichiamo i duecento ragazzi del Progetto Giovani, che ci raggiungeranno da tutta Italia, per festeggiare sui nostri palchi il 150° anniversario dell’unità italiana.

A cosa punta l’evento in futuro?
Naturalmente puntiamo a migliorare la nostra offerta culturale, a coinvolgere quanta più gente possibile e a creare un movimento di libero pensiero che scardini categorie culturali e mediatiche dalle quali ormai ci sentiamo sempre più ingabbiati.

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