Roma. Molta gente spera di trovarci qualcosa di più rispetto alle piccole realtà di provincia. Forse è così, ma le risorse di un luogo sono amplificate dalla ricchezza del proprio animo: chi è vuoto resti pure dove sta, tanto spostarsi non serve a nulla. Per Re-volver la capitale è una realtà dove coesistono migliaia di piccoli e grandi universi artistici. Alcuni validi, altri decisamente no. A noi l’ardua sentenza di scernere e decidere per voi cos’è il genio. Sfortunatamente la cultura viene sempre in aiuto a chi la possiede e ci ruba la possibilità di pronunciare parole nostre, poiché altri hanno utilizzato maggior grazia e minor saccenza per esprimere lo stesso concetto. Quindi, per riprendere il discorso, citeremo Monicelli: “Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione.” Igor Salipchic incarna la figura del... No! Igor Salipchic ci piace. Non ci saranno per lui complimenti o prefazioni roboanti. Non sarà necessario adularlo o descriverne le capacità artistiche. A lui tutto questo non serve, e speriamo d’altronde non serva soprattutto a voi. Ma chissà non vi abbiano già abituati…
Ci parli delle sue origini.
Sono nato a Dolenjske Toplice nel 1967. Mio padre è di origini slovene, mia madre è di Cracovia. In seguito alle tensioni indipendentiste con la Serbia e a causa di un notevole peggioramento delle condizioni di vita, ci siamo spostati da alcuni nostri parenti a Trieste. Dopo alcuni anni, per motivi di lavoro, mi sono trasferito a Roma.
Qual è il suo lavoro?
Io vendo idee. A chiunque. Anche tesi totalmente opposte. Credere di poter avere una vera e propria linea di pensiero è ridicolo. Ma attenzione: anche non crederlo lo è. Vendo idee, come dicevo. È un lavoro che permette di sopravvivere; in Italia nessuno ha delle idee.
A che prezzo mette in vendita le sue idee?
Il prezzo varia a seconda dell’idea. Ci si basa sull’originalità e sulla possibile efficacia di applicazione. Fino agli anni ’90 sono riuscito a sopravvivere vendendo quasi esclusivamente idee artistiche, poi l’arte ha subito un declino e sono stato obbligato a riversare la mia creatività in ambiti più modesti. Non posso farvi un esempio con possibile riscontro perché sono vincolato dai termini di contratto con i miei clienti. Vi farò un esempio aspecifico per farvi capire: ho degli appalti con certe catene di ristorazione cui ho venduto l’idea di riempire i locali con gruppi designati di comparse. Come lei sa, gli individui si spostano seguendo le stesse dinamiche della transumanza. Gente attira gente.
Ci spieghi meglio.
Si tratta di assoldare degli individui rendendoli avventori apparentemente occasionali. Non importa la loro formazione o estrazione sociale, sono persone “X” designate a vendere la propria presenza in quel dato luogo per quel determinato lasso di tempo. Avete mai sentito parlare di “Crowd-Bathing”? È un fenomeno ormai sviluppatosi nei più battuti itinerari turistici del mondo, e quindi anche qui nella capitale.
Perché ha deciso di rilasciare un’intervista a Re-volver e venire allo scoperto?
Perché voi siete una rivista sottoterra, per pochi. Sento una particolare affinità con Re-volver. Sapete, parte del mio lavoro fino ad oggi consisteva nel restare nell’ombra. Non dovevo essere nessuno. Rifiutare la notorietà per permettere agli altri di acquisirla. Ma presero le mie idee, pure e fantasiose, per trasformarle in mostruose macchine da denaro. Le trasformarono adattandole al pubblico, per raggirarlo. Mi ritengo una persona di sani principi: odio la finzione e l’ipocrisia. Credere nell’improbabile è ormai un comandamento per gente comune. Il mio messaggio è “Scavate dietro ogni cosa”. Spero quest’intervista possa agevolarvi.
Perché non converte le sue idee in prima persona invece di appaltarle?
Come cercavo di suggerirvi prima, non sono interessato al comune modello capitalistico del guadagno infinito. Le mie modeste origini mi hanno educato a una vita semplice, lontana dall’opulenza trimalcionica che ispira le nuove caste dominanti. Però devo ammettere che il vero motivo per il quale non converto le idee è legato a un tratto specifico della mia personalità: durante il giorno, dal momento in cui mi rado la barba fino a quando fumo l’ultima sigaretta, sono inondato da un flusso costante e continuo di idee. Realizzarne una significherebbe lasciarne troppe da parte.
Qual è l’incarico che l’ha soddisfatta di più?
Tempo fa un editore avvenente, per un vezzo personale, a seguito di una sua triste vicenda giudiziaria, mi contattò per rivelare la realtà di corruzione e connivenze di cui era caduto vittima. Era stato minacciato da persone intoccabili, ma non potendole denunciare, si rivolse a me per uno sfogo: voleva gridare al mondo il suo sconforto. Inventai un codice, ben nascosto in un romanzo d’amore, che permise all’editore di denunciare attraverso quel libro ad altissima tiratura la corruzione del giudice in questione. Il messaggio è scritto chiaramente, ma leggibile solo attraverso la conoscenza di determinati passaggi di lettura. Una verità sotterranea e scottante, un caso che mi colpì molto. Il libro è ancora lì, sotto gli occhi di tutti.
Ha mai inventato uno sport?
Sì, per i villaggi turistici. Lì si tende sempre a ricreare la realtà a scopi ludici secondo una chiave comico-animata. Una grande agenzia di animazione mi chiese un pacchetto di sport divertenti e totalmente innovativi. Inventai nel ’95 il twaddle e altri sport mirabolanti come il biliardino subacqueo o il calcio in discesa.
E sarebbe?
È semplicemente il calcio senza corner per chi gioca in salita; il campo da gioco è quindi scosceso. La porta che sta in basso è più piccola, quella in alto è più grande. Il resto credo possiate dedurlo.
Passiamo alla letteratura, il motivo per cui abbiamo deciso di incontrarci: quali sono innanzitutto i generi e gli autori che predilige?
Sono certo che l’infinita lista di autori validi vada elencata in altro luogo. Facile mi è dirvi che sono quasi tutti morti. I generi, così fermamente fissati nelle etichette in cui gli invalidi critici li costringono, sono identificazioni di personalità scialbe in regole utili per chi ha da vendere. I maggiori autori sono quelli per i quali, a ogni pagina letta, il lettore è portato a mangiare un “biscottino”. Due pagine, due biscottini: tre pagine, tre biscottini e via di seguito… e alla fine le pagine lette sono fatalmente più numerose dei biscotti mangiati. Due generi che mi hanno impegnato molto sono il poliziesco e il mistery-novel, generi in cui la suspence e il colpo di scena sono pulcini affamati da nutrire con dosi continue e cadenzate di grassa inventiva. Dashiell Hammett era un mitragliatore di fantasia e non a caso ha tenuto per buoni decenni il cinema al laccio come gli scrittori di oggi fanno nel migliore dei casi con i loro dobermann. Philip K. Dick e Ray Bradbury sono, per via della loro creatività visionaria, le uniche persone che hanno spinto la mia testa nel lavandino. Secondo me anche Ridley Scott e Truffaut, impressionati dalle sortite visionarie di questi scrittori, hanno deciso di abdicare verso sceneggiature affini al loro ego.
E il cinema?
A mio avviso non esiste confine tra cinema e letteratura. Io opero nel plottery [sic!]. Sono chiamato dai miei amici cineasti a fabbricare soggetti. Senza trama i film, i romanzi, le pièces teatrali cadono a terra come invertebrati. Il plot o la trama costituiscono il motivo di una storia, anche se credo sia fondamentale il linguaggio e lo stile con cui si sceglie di trasporla.
Sappiamo che sta scrivendo un libro. Di cosa tratta?
Trascurerei innanzitutto il concetto canonico di libro. Un libro racchiude. Il mio libro rinchiude strani personaggi e vicende in strutture sintattico- morfologiche sperimentali. Ispirandomi alla saga del romanzo gotico, inaugurata da Il castello di Otranto di Horace Walpole, ho voluto trasporla in tempi moderni riadattando, rivedendo e riabilitando l’underground del terrore e dello sconcerto secondo canoni inaspettati e anticonvenzionali. Vi spiego: un romanzo che incute terrore è sempre ambientato in un castello o in una angusta dimora visibile solo negli intervalli tra un lampo e l’altro. Quando si ha paura fuori piove sempre e il nostro carnefice è puntualmente alto e spigoloso. Ci insegue con un incedere da atleta decaduto. Brandisce uno strumento primitivo che a lui non farebbe mai male. I personaggi del mio libro, di contro, hanno paura di chi li insegue con la lettura e di chi, rileggendo le torture cui sono sottoposti, li vuole far soffrire più volte. Sono esseri raccapriccianti, pingui e perennemente in sovrappeso. Vivono all’interno di mostruose tensostrutture ad aria, campi da tennis in disuso o vecchie fornaci cui hanno divelto le ciminiere prima di dimorarvi. Si nutrono di frattaglie, scarti di macelleria e verdure sparse a terra dopo i mercati. Sono perennemente nudi ed escono solo durante le ore diurne. Il titolo provvisorio del libro è Non è un Magritte.
Perché indossa questi occhiali?
Mentre il mio naso così appuntito sorregge questi occhiali, la mia vista è assorta in altre faccende: sonda al contempo realtà astratte, scollate, filtrate a malapena dalla coscienza. Gli occhi riposano e facendolo nutrono la mia immaginazione… Ricordate che la vista può trarre in inganno. Potete anche essere dei geni, ma il mondo riuscirà sempre a ingannarvi se fate affidamento solo sulla vista. Chi di voi ad occhi chiusi giurerebbe di trovarsi al buio?
Dicono che lei porti sempre una lametta in bocca…
Tutti dovrebbero portarla per tagliare le parole superflue. E non si respira ormai in giro che del superfluo.
Cosa ne pensa del reality show?
Stanno cercando di farvi perdere il senso della realtà. Guardatevi intorno. Il reality è tutto ciò che accade dietro la macchina da presa, non davanti come siete oramai abituati a credere. Il reality è quest’aria rarefatta, il colpo di tosse che ho appena fatto.
E dei Social Network?
Sono le giostre della nostra contemporaneità. Il lunapark del nostro subconscio, dove tutti proiettano il proprio per fini onanistici. È una forma di voyeurismo di se stessi e di ciò che si vorrebbe essere.
Qual è la cosa più importante al mondo secondo lei?
Non avere il bisogno di chiederselo.
Da cosa non si può sfuggire?
Risponderei dal dolore. Ma il lettore potrebbe davvero capire? L’avete mai visto un vecchio morire di sete? Avete mai avuto la sensibilità necessaria per guardare nelle paranoie di un insicuro? Io lo so, so che ci sono riusciti. Con le loro immagini patinate di vip che troieggiano, con i loro scandali da ritardati, con la loro mania per il bello, il forte, il saccente ci sono riusciti. Vi hanno nascosto il dolore. E quando arriverà non sarete pronti. Ne avrete paura e la paura vi schiaccerà come formiche.
Cambiare la realtà per migliorarla: un’utopia?
Citerò Nisargadatta: “perché vi preoccupate del mondo prima di preoccuparvi di voi stessi? Volete salvare il mondo: ma potete salvarlo prima di salvare voi stessi? E che cosa significa salvarsi? Salvarsi da cosa? Dalle illusioni? La salvezza è vedere le cose come stanno”.
Collaborerà con noi in futuro?
La cosa, credo di poterlo ritenere, è già in essere.
Ci regala un’idea?
A voi potrei regalare uno spunto per una rubrica, ma avrei bisogno di due intere pagine.
Due pagine intere?
Sì, la 88 e la 89.
Sono sue.