di Marco Sigismondi
Dalle prime note di questo Piano Solo, si nota come Stefano Bollani dimetta immediatamente il cappello a sonagli che ne identifica la qualifica di buffone per indossare gli abiti del pianista, al momento uno dei migliori italiani in campo jazz. Ispirato, a detta dell'autore, al compositore russo Sergey Prokofiev, il disco passa da momenti più melodici come On a theme of Sergey Prokofiev a pezzi carichi di dissonanze e piuttosto complicati come le varie Impro (I, II, III, IV), mantenendo tuttavia un filo conduttore: quello del jazz, di cui Bollani si rivela veramente ottimo interprete, nonché portabandiera italiano. A tratti molto spigoloso e complesso, dai suoni quasi intellettuali, il disco sembra rivolgersi principalmente a preparati estimatori, senza però chiudere le porte ad un ascolto più intuitivo. Senza dubbio molto ben suonato e capace di dare forti sensazioni. Basta chiudere gli occhi per sentire l'odore di sigaretta al chiuso, il sapore dell'alcool, i respiri, i colpi di tosse, le voci che discutono e persino il pianoforte sembra perdere di qualità nel suono, per divenire un vecchio piano verticale, scolorito dal tempo in un vecchio bar di New Orleans.