Holy EYE

CERTIFIED

di Igor Della Libera

Chi è Tommaso Di Spigna?
Sono un ragazzo di 21 anni, di Milano e, per quello che ricordo, ho sempre amato disegnare.
Ho studiato al liceo artistico Boccioni e mi sono poi iscritto alla Scuola del fumetto di Milano. Sono un aspirante disegnatore di fumetti.

Com’è nata la passione per il fumetto e quando ti sei reso conto che poteva diventare un lavoro?
Ho sempre amato molto i fumetti, leggendoli fin da piccolo. Ho sviluppato subito una passione per le cose mostruose e particolari: in pratica preferivo Cattivik e Dylan Dog a Topolino.
Crescendo mi sono reso conto, passando attraverso diversi hobby come il modellismo e il disegno, che il fumetto era la cosa più vicina all’idea che avevo del mio lavoro ideale. Ora sto provando a diventare un professionista.

Leggi molti fumetti?
Si, leggo molto, sempre seguendo un mio preciso gusto fondato sulla ricerca e coerenza dello stile. Le mie scelte sono basate sul disegno e sulla regia delle tavole: questi sono i due criteri su cui incentro l'acquisto di fumetti vecchi e nuovi, popolari e di nicchia.

Nel tuo blog si alternano tavole con uno stile realistico a illustrazioni più grottesche e ironiche. Quale strada vorresti intraprendere?
Possibilmente entrambe. Il realistico per me deve essere supportato da un rigore e da uno sforzo verso un accademismo che non necessariamente risulti come un’imposizione o un limite, ma piuttosto come studio della regola che poi porti con più semplicità alla sua variazione. Attraverso un buon realismo si può lavorare più semplicemente sulla deformazione.
Insomma se conosci le regole puoi infrangerle meglio.
Ovviamente mi trovo più a mio agio con il grottesco, trattandosi proprio di un genere che ha le proprie radici nella spontaneità e nel gesto istintivo. Ma bisogna stare attenti a non fare solo ciò che si vuole.

Sei all'ultimo anno della scuola del fumetto a Milano. Sinceramente la consiglieresti a ragazzi che vogliono fare il disegnatore oppure guardandoti indietro è una scelta che non rifaresti?
La rifarei, eccome. Però cercherei di sbattermi di più.
Conta tantissimo lo sforzo personale dello studente, rispetto al percorso fatto con i professori.
È una scuola ottima se si è già convinti e motivati; se invece ci si iscrive senza sapere nulla di fumetto, sperando di imparare miracolosamente a disegnare grazie alla bravura dei professori, i risultati saranno molto inferiori alle aspettative.

Vorrei proporti la classica domanda sui tuoi modelli fumettistici, su quegli autori che ti hanno folgorato sulla “via di Damasco”. Quelli che ti fanno dire “vorrei essere come loro”.
Il primo che mi folgorò da piccolo fu Jacovitti. La sua morte, proprio nel periodo in cui stavo iniziando a scoprirlo, fu un evento che mi colse di sorpresa. Poi, più tardi, un vero e proprio idolo è stato il grandissimo Bonfatti sulle tavole di Cattivik. Con lui ho scoperto il genere grottesco. Poi, durante l’adolescenza, ho individuato tutta una serie di disegnatori incredibili: Simon Bisley, Kevin O’Neill, Dave McKean, Massimo Carnevale, Tanino Liberatore, Bill Sienkiewicz, Corrado Mastantuono, Paolo Bacilieri, Carlos Nine, Carlo Ambrosini, Eiichiro Oda, e molti altri ancora. Ogni stimolo visivo - non importa quali siano latitudine e provenienza - diventa una fonte di spunto per possibili contaminazioni, materiale con cui costruire le fondamenta dei miei lavori.

Di contro, quali sono i tipi di fumetto - e quindi gli autori - con cui non vorresti mai avere a che fare? Quali sono i tuoi “contro-modelli”?
Non saprei di preciso… Ci sono molti fumetti che non leggo quasi a priori, più per una mancanza d’interesse che per precisi motivi.
Ad esempio solo in questi ultimi anni mi sono avvicinato al mondo dei supereroi, oppure a Tex, di cui ho comprato qualche numero esclusivamente per vedere determinati disegnatori.
Non dico di non volerci mai avere a che fare. Penso semplicemente sia difficile percorrere bene strade troppo diverse tra loro, mantenendo una coerenza precisa. Preferisco concentrarmi su ciò che reputo di mio gusto.

Quanto tempo dedichi al tuo blog (http://spugnainprogress.blogspot.com/)? Credi che  internet possa favorire i giovani disegnatori oppure ci sono fin troppe vetrine, con il rischio che si perda di vista la qualità e diventi difficile farsi notare?
Seguo e curo molto il mio blog.
È uno strumento potente ed efficace se usato con professionalità e con un criterio d’interesse ben calibrato. Trovo, invece, che la stragrande maggioranza di questi spazi sia gestita in maniera fin troppo superficiale.
Parlando di lavoro, a nessun Editor o sceneggiatore fregherebbe nulla della recensione di un film che ho visto e che mi è piaciuto tantissimo, o della mia situazione sentimentale.
Sui blog dovrebbero finirci solo lavori ben fatti e interessanti, magari qualche schizzo ogni tanto. È  un biglietto da visita che mostra la serietà e le intenzioni del “proprietario”. Poi la qualità può esserci o no, ma in questo caso è solo questione di darsi da fare.

Parlaci dei tuoi progetti futuri: cosa farai e cosa ti piacerebbe fare?
Nell’ultimo periodo ho ricevuto qualche proposta, ora si tratta di muoversi con calma e valutare bene cosa sviluppare e cosa tenere da parte, sempre con i piedi bene per terra. Si tratta di progetti ancora in fase embrionale, quindi non posso dire nulla.
Cosa mi piacerebbe fare? Parlando in generale, spero di costruire il prima possibile un metodo lavorativo che mi permetta di produrre a tempo pieno; poi che si tratti di fumetto o altro si vedrà. Disegnando si possono fare talmente tante cose che è sempre meglio essere elastici.

Pensi che in Italia, in un mercato bloccato tra colossi dell'editoria, ci sia spazio per emergere con progetti personali? Oppure la via maestra è quella del sistema fumettistico classico?
Dipende da cosa si vuole ottenere: se si parla del cosidetto fumetto “popolare” da edicola è un conto, per il mercato delle fumetterie e delle librerie invece la strada è un altra. Credo che questo sia un periodo di trasformazione del mercato fumettistico italiano, c’è molta gente che vuole proporre cose nuove. Purtroppo la maggior parte non è supportata da case editrici stabili, ma credo che continuare ad insistere sia la cosa migliore. Spero che fra qualche anno la situazione sia differente. Vedremo poi in che senso… speriamo in meglio!

Aggiungi un aggettivo ad ogni elemento della lista: Bonelli, Supereroi Marvel, Sergio Toppi, Breccia e fumetto argentino, Batman, strisce comiche, arte.
Stabile, dinamici, maestro, estremamente prezioso, psichiatrico, riflessive, discutibile.

Ho visto nel tuo blog, da cui abbiamo tratto le immagini a corredo di quest’intervista, che ti piace dipingere. Parlaci del Tommaso pittore: è l'hobby del fumettista oppure qualcosa di più?
Dipingo quando voglio provare qualcosa di più classico e canonico, anche utilizzando una tecnica più sporca e grezza. E' un'attività molto piacevole e al contempo utile per rimanere attaccato ad un certo passato manierista e accademico che mi è appartenuto al liceo, badando però all’evoluzione del mio stile.
Dipingere volti e ritratti è molto interessante, mi aiuta a capire come sono gli altri e come li vediamo. La pittura, sebbene occupi meno tempo nella mia vita rispetto al fumetto, è molto importante per me.

Saluti e grazie!

di Giorgia Tribuiani

Regalaci uno tuo autoritratto: chi sei e da cosa nasce la tua passione per il fumetto?
Mi chiamo Alberto Dabrilli, ho 33 anni (vi ricorda qualcuno? Ahahah!) e, sebbene non sappia ancora che cosa farò da grande, di una cosa sono certo: da quando, a dodici anni, fui “folgorato” dal mio primo fumetto (Dylan Dog, La casa infestata), il mio obiettivo è diventare un autore di fumetti.
Da quel giorno gli anni sono trascorsi e le conoscenze aumentantate: ho incontrano capolavori, raffinato idee, avuto esperienze di ogni genere (mio Dio, quante poche donne!) e, dopo mille peripezie, sono arrivato ad oggi, con questa passione che mi accompagna da tutta la mia vita e con la quale vedo proprio pochi quattrini.

Quali sono i tuoi punti di riferimento riguardo al fumetto?
Sono davvero molti, ma mi soffermerò su quelli che hanno avuto una grossa influenza su tutto il mio percorso artistico.
Il primo fra tutti è Alberto Breccia (Buenos Aires), pilastro del fumetto, che ha saputo esprimere in tutta la sua carriera una versaltilità di stile e una genialità inconfondibili; l’influenza di lavori come Incubi, Dracula, I miti di Chtulhu, Mort Cinder, e Perramus è elevatissima (e anche quella del figlio, Enrique Breccia). Poi c’è il sognante veneziano Hugo Pratt con i suoi Scorpioni del deserto e Corto Maltese, autentico gioiello della letteratura mondiale; le sue opere sono intrise di cultura esoterica e riferimenti storici minuziosi e precisi. Infine, vorrei citare gli indimenticabili, sempre italiani, Sergio Toppi, Dino Battaglia, Alarico Gattia, Giovanni De Luca e Lorenzo Mattotti.

Preferisci seguire la tradizione del fumetto o sperimentare nuove tecniche illustrative? Miri a creare un tuo personalissimo genere?
Io credo che la sperimentazione sia alla base del progresso artistico di un autore, ma che non debba mai essere fine a se stessa: al contrario, dovrebbe concorrere a perfezionare uno stile fresco e capace di dar spazio all’ingegno.
Il genere che amo di piu è il noir, specie se intriso di motivi surrealistici, e spero che in futuro, considerando i molti progetti a cui sto lavorando in questo periodo, io possa svilupparlo con più determinazione.
Attualmente, i riferimenti artistici  attraverso i quali la mia ricerca va avanti sono alcuni pittori russi dell’Ottocento dalla sensibilità pittorica e dalla capacità narrativa molto elevate. Tra questi, mi sembra doveroso citare Michail Aleksandrovic Vrubel’, Abram Efimovic ArchipovLéon BakstNikolaj Nikolaevic (autore, quest’ultimo, capace di grande potere evocativo e di un uso sbalorditivo delle ombre).

Trovi che le riproduzioni cinematografiche di fumetti classici siano un buon modo per valorizzare questo tipo di arte o credi che ogni trasposizione debba considerarsi un “tradimento” dell’opera originaria?
Il fumetto è un’arte che racchiude in sé molti generi, dalla letteratura (ricordiamo capolavori come L’eternauta, sceneggiato da Héctor Oesterheld e disegnato da Francisco Solano Lopez, entrambi collocabili a buon merito tra i maestri della letteratura disegnata)  alla pittura, passando per il cinema. Quest’ ultimo compare nel fumetto attraverso certe inquadrature e notevoli arricchimenti di particolari che caratterizzano personaggi e ambiente. È interessante poi notare come  lo storyboard di un film possa essere realizzato da un disegnatore di fumetti che si occupa della scenografia e di quelle che diverranno le inquadrature cinematografiche.
Riguardo all’interazione tra cinema e fumetto vorrei citare il caso particolare di Viaggio a Tulum, lo straordinario fumetto sceneggiato da Federico Fellini e disegnato da Milo Manara che, destinato al mondo cinematografico, non fu però mai portato alle riprese.
Credo che la relazione tra cinema e fumetto sia molto stretta, ma che non sempre il potere evocativo delle due arti possa coincidere: nel caso di Viaggio a Tulum, forse, un film non avrebbe avuto la stessa qualità del fumetto; il primo Batman, caso eclatante di cinema-fumetto, rende onore a tutti i personaggi e gli ambienti, ma credo che film come Hulk siano, in fin dei conti, fozature.
In conclusione, ritengo che un film tratto da un fumetto non debba voler rendere le stesse emozioni di quest’ultimo: le due cose sono slegate dal piano del dinamismo e un abile regista sa come donare al pubblico un gioiello.

Parlaci del fumetto “I confinanti” e dei temi che hai trattato nell’opera.
Si tratta di una raccolta di tre storie brevi: La risalita, Olsuatta e Quarantotto barra c. Grazie a queste storie ho sperimentato le potenzialità del mio stile e ricevuto grande soddisfazione. Credo che I confinanti abbia segnato per il mio stile un punto di rottura: qui le mie idee e la libertà espressiva si sono potenziate e maturate e anche le storie sono inserite in un contesto più letterario e surreale, basti pensare a Olsuatta (nome proveniente da un sogno che ho fatto molto tempo fa), ambientata in un paesino dagli abitanti simili alle vecchie bambole con gli occhi sbarrati.
Il fumetto, autoprodotto, è stato presentato a “Lucca Comics & Games” (edizione 2009) in collaborazione col gruppo Fumectory.

Hai più volte affermato di credere che, per quanto riguarda l’innovazione, il fumetto sia molto vicino al rock. Spiegaci questa tua convinzione?
Se la musica, grande fonte di ispirazione, presenta un potere visionario ancestrale che accompagna l’uomo da sempre, lo stesso vale per la pittura, basti pensare alle Grotte di Lascaux. Una sera mi soffermai a osservare queste opere piene di fascino e, percependo con grande emozione i suoni e i rumori che probabilmente si udivano in quel periodo, compresi quanto fosse forte la relazione tra disegno e musica: fu allora che mi posi l’obiettivo di far percepire un suono per ogni segno, generando un rapporto sinestetico con l’ opera. La mia conoscenza della musica, che spazia dal rock all’ ambient passando per il jazz, mi fu poi di grande aiuto, perché compresi che alcuni musicisti facevano il processo inverso: mostrare immagini attraverso la musica.
D’altra parte credo che già molti autori siano riusciti ad esprimere questo rapporto, in particolar modo perché penso che tutte le arti siano collegate da un unico comune denominatore: i sensi. A questo proposito mi sembra d’obbligo citare  György Sándor Ligeti, uno dei piu grandi compositori ungheresi del ventesimo secolo che, attraverso il brano Artikulation (ascoltabile anche tramite Youtube), ha saputo esprimere alla perfezione il rapporto tra segno  e suono.

A proposito di musica, affermi che il fumetto “Il sassofonista” fu composto tramite l’ascolto di brani musicali e la trasposizione di questi in immagini. Raccontaci questa esperienza.
Il sassofonista è un’opera monumentale di 160 pagine, suddivisa in due capitoli: per ognuno di questi mi sono ispirato ai musicisti  capostipiti di tre generi fondamentali: gli Hawkwind, Jon Hassell, e Throbbing Gristle.
Si è trattato di un’esperienza eccitante, stimolante dal punto di vista del rapporto tra segno e musicalità.
Il protagonista della storia è un sassofonista (si tratta di un tributo a Nick Tunnel) che improvvisamente viene catapultato in una dimensione dove la musica fa da padrona; qui incontra una strana figura simile ad un manichino completamente nero e un altro sassofonista di nome Gortn. Insieme vivono una strana avventura attraverso un paradiso e un inferno dove gli strumenti  imperano.
In uno dei capitoli invento gli “strumentosauri”, giganteschi strumenti  con il corpo di un dinosauro che simboleggiano  le immense potenzialità di uno strumento musicale.
Il terzo capitolo è dedicato al sogno di un’arpa morta.e con questo finisce la storia.

Parlaci della tua collaborazione con Enrico Teodorani.
Un giorno Massimo Perissinotto (sceneggiatore e disegnatore di rilievo nel panorama artistico italiano) mi propose di realizzare quattro tavole di una storia di Calavera, personaggio creato da Tim Vigil e Teodorani. L’esperienza fu molto bella. Chissà che in futuro non ci siano altre novità dal fronte americano.

Ci dedichi un’anteprima dei tuoi progetti futuri?
Ora sto lavorando ad un progetto molto ambizioso che vedrà la luce a “Treviso Comics 2010” presso la casa editrice Cagliostro.
Inoltre sto realizzando un altro progetto con un’affermata scrittrice veneziana, ma a tal proposito preferisco non svelare ancora nulla.

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