di Luca Torzolini
foto di Silviano Scardecchia
Alba Adriatica, Tortoreto.
Nella notte tra il 6 e il 7 ottobre un’alluvione colpisce la costa nord dell’Abruzzo. L’acqua irrompe nelle case senza chiedere permesso. Trascina, abbatte, distrugge. Le macchine vengono sepolte dalla melma, trasportate dalle correnti, sbattendo come palline da flipper contro marciapiedi, cartelli e quant’altro. I garage sotterranei degli edifici di recente costruzione fanno scorta di acqua e fango, mentre sulle spiagge si accumulano macerie fatte venir giù dalle colline.
Le cause sono note. Varie. A noi non interessano. A noi importa degli uomini, del loro futuro: cosa faranno ora? Ci sono persone che non hanno una casa dove vivere, gente onesta che ha perso negozi o uffici. C’è chi ha perso solo ricordi, ma anche quelli sono importanti. Ora è necessario non dimenticare. È facile per chi è lontano da ciò che è successo dire “tutto si sistemerà”. Loro non sanno.
Non sanno cosa significa svegliarsi nella notte perché la porta di casa viene infranta da un’onda di un metro e mezzo che non ne vuole sapere nulla di chi sei e che cosa stavi facendo.
Non sanno che non puoi scappare perché una sedia a rotelle manovra la tua realtà come un burattinaio del cazzo.
Non sanno cosa significa vedere una figlia di sei mesi che scivola nel fango quasi fosse un sassolino che cade in uno stagno. O un figlio con un armadio addosso, urlando aiuto, mentre non puoi fare nient’altro che aspettare il soccorso dei sommozzatori.
Non sanno cosa significa perdere il lavoro di una vita, l’unica cosa a cui tenevi veramente.
Loro non sanno. E così ti trovi da un giorno all’altro a non avere più un letto dove fare sogni tranquilli, la possibilità di dire a tua moglie “vado a lavoro!preparami qualcosa di buono quando torno!”; non puoi seguire la partita della domenica sera con gli amici e hai paura per il futuro dei tuoi bambini. Però, puoi ammirare i tuoi quadri e le fotografie che sono diventate magnifiche opere astratte aventi come tema comune il fango. La tua macchina è ormai marrone, come l’hai sempre desiderata. E se eri stanco del tuo lavoro, tutto è risolto: ora non c’è l’hai più.
Non mi venite a dire che non bisogna incazzarsi per “piccolezze del genere”. Se non c’è il morto, la televisione passa giusto per farsi un giro turistico. Ma la sofferenza e l’insicurezza sono rimaste qui e non ci lasceranno troppo presto, anzi si sono già affezionate a noi e a questi posti.
Non servirà mettere da parte nulla. Lasciate pure vuote la cantina e l’armadio, per ricordare la tragedia non c’è bisogno di alcun aiuto. Il dolore incide nella mente suoni tormentosi e immagini infuocate. Queste sono solo lettere che urlano quel dolore, così, tanto perché tutti possano ascoltarlo e non dimenticare.