Holy EYE

CERTIFIED

di Luca Di Berardino

Osteggiato, deriso, umiliato, soggiogato e, dulcis in fundo, censurato!
No, non è Marrazzo; bensì il videogioco.
È irta di ostacoli la strada percorsa sino ad oggi dalla nuova arte in espansione; ma la battaglia più ardua, tutt’ora in corso, è quella con gli organi di controllo, le associazioni di genitori e spesso persino con i governi!
Numerosi i casi di software non graditi ai suddetti che spesso e volentieri sono ricorsi ad una delle più usate armi di distrazione di massa: la Censura!
Molti i casi famosi. Carmageddon: gioco automobilistico sopra le righe dove l’obiettivo era frantumare le macchine avversarie e investire inermi pedoni; saranno sostituiti in seguito con zombie verdognoli molto meno soddisfacenti da arrotare! Black Rose: Franco Frattini si è addirittura chiamato in causa per allontanare il prodotto dagli scaffali (colpevole un filmato dove delle ragazzine seppelliscono viva una coetanea). COD modern warfare 2: incriminato in Russia per un passaggio dove era possibile uccidere degli ostaggi dentro un aeroporto; la versione accettata sarà privata dello stage specifico: siamo al massimo del surreale … Putin stermina col gas attentatori e ostaggi in un teatro e a me vietano anche il colpo su un paio di pixel in giacca e cravatta?
Le campane sono due: chi dice i videogiochi istighino alla violenza e chi dice siano una valvola di sfogo. Personalmente adoro i giochi di guerra pur disapprovando la stessa come metodo di risoluzione di controversie internazionali.
Sommando la posizione delle grandi produttrici di consolle (le quali asseriscono di non vendere sulle proprie piattaforme software riservato ad un pubblico adulto) alla forte voglia di vendere della case di distribuzione, si arriva alla situazione moderna: un mercato video-ludico forzato ad essere riferimento dei teenager mentre il giocatore medio (maschio con più di 20 anni) si vede censurare contenuti che non lo turbano affatto; o quantomeno lo turbano in maniera minore di un presidente del consiglio eletto come migliore rockstar dell’anno!
Ci si accanisce sul software in sé quando basterebbe fare in modo che certi contenuti non arrivino ad utenti sotto una certa età. Qual è il problema? Ignoranza. Basti pensare al proibizionismo in generale (droga, alcol) e ai problemi che ne conseguono: vietare l’utilizzo di una sostanza equivale a proclamarne il successo. Così molti videogiochi mediocri, additati dalla censura, hanno scalato le classifiche perché circondati dall’aura di curiosità che attira la massa ignorante come un neon fascinerebbe una falena.
Il dilemma reale è vedere nella censura una facile risposta ai problemi. Far credere che le ombre della società dipendano da un paio di bytes troppo irriverenti è utile come concetto: aiuta i potenti di turno a dare l’impressione di lavorare per la comunità e i genitori ipocriti a credere che i figlioli siano protetti dalle intemperie della vita… mentre si continua ad andare a puttane, frodare il fisco e ubriacarsi.


di Luca Di Berardino

Sviluppo: Stainless Games
Pubblicazione: Interplay, Sales Curve Interactive
Data pubblicazione: giugno 1997
Genere: Simulatore di guida
Piattaforma: MS-DOS, Mac OS, Windows

Ispirato al film Anno 2000: la corsa della morte, Carmageddon irrompe nei simulatori di guida come una scoreggia in una profumeria di classe. Nei panni di due psicotici protagonisti, Max Damage e Die Anna, correremo su improbabili percorsi cittadini; ma a differenza delle solite corse di abilità in cui l’obiettivo era esclusivamente arrivare primi al traguardo, qui gli stage possono essere conclusi con il completo annientamento dei passanti o delle auto rivali!
Con una struttura decisamente arcade sfrecceremo fra palazzi e vittime inconsapevoli con il solo obiettivo di seminare morte e distruzione; ad aiutarci innumerevoli e comici bonus come la super testa per i passanti o l’auto granitica capace di distruggere qualsiasi avversario.
Punto di forza del software un irresistibile gore demenziale (indimenticabile la mano mozzata al posto del puntatore e la vecchia con il treppiedi molto facile da investire).
Tutto fumo senza arrosto? Nulla di più falso! Una buona giocabilità, grafica eccellente e una colonna sonora davvero adatta al massacro! La Stainless Game fece davvero un colpo gobbo con questo prodotto; contestato e censurato ha comunque avuto un notevole successo. Senza contare che i programmatori, forse senza rendersene conto, hanno posto la prima pietra per quanto riguarda il concetto del free-roaming nei videogiochi.
Stomaco debole? Pregiudizi sulla violenza nei videogiochi? Carmageddon non fa per voi! Ma se è domenica e per tutta la mattina avete odiato i ciclisti che vi occupano la corsia allora ve lo consiglio vivamente.

di Luca Di Berardino

Sviluppo: Bullfrog Productions
Pubblicazione: Electronic Arts
Data pubblicazione: luglio 1997
Piattaforma: Windows, MS-DOS

Nessuno strategico in tempo reale (RTS) supera Dungeon Keeper (DK)  per originalità!
Per la prima volta nei panni di un signore del male dovremo costruire e amministrare il nostro dungeon personale … Per chi non conoscesse l’universo fantasy, i dungeon sono dei cunicoli sottoterra popolati di mostri, trappole e tesori che rispettivamente si distruggono e accumulano nei panni di eroi del bene.
Non qui, non a DK! Qui il perbenismo è la vostra nemesi.
Non avendo ruoli diretti sul campo il vostro obiettivo sarà creare un accogliente dungeon: dormitori, biblioteche, pollai, sale di tortura e persino un casinò. Una situazione accogliente attirerà i mostri più terrificanti che vi accompagneranno nella vostra crociata malvagia. Prodotto originalissimo nell’universo videoludico, DK non sbaglia un colpo: musica accattivante che in fusione con un’ambientazione dark trascina verso l’oblio del lato oscuro. Il tocco di classe è lo humour nero intrinseco del prodotto: da non dimenticare i video demenziali di intermezzo come il demone bilioso che sfoggia due polli a mo di nunchaku o il mago che inalando dubbie pozioni si trasforma nelle cose più impensabili.
In questo clima diventa facilissimo accettare il nostro ruolo. Mai torturare prigionieri è stato più divertente: per convertirli alla nostra causa, per farne degli scheletri servitori o, perché no, per puro divertimento!
Una delle pietre miliari del grandissimo Peter Molyneux, famoso per Populus, Black & White e The Movies.

di Luca DI Berardino

Memorie di un tossico tecnologico

Ormai è quasi un anno che sono sfuggito allo IAD ( Internet Addiction Disorder )
È partito tutto come per gioco, in un anonimo negozio di videogiochi di un ancor più anonimo centro commerciale.
Lì, nello scaffale più in alto si erge maestoso Guild Wars : MMORPG di ultima generazione.
Strano genere il MMORPG (Massive Multi-user Online Role Playing Game ). Oltre ad avere un acronimo che ricorda l’onomatopea di un corposo peto ti catapulta in un mondo parallelo popolato di mostri e tesori … la tua missione? Diventare un mercante, un predatore di tombe, un famoso alchimista … tutto quello che un mondo fantasy potrebbe offrire.
Start!
Cerco di orientarmi sulla mappa e compiere le prime missioni. Non passano molte lune virtuali che sono reclutato da una gilda (gruppo di giocatori uniti da una missione comune); mi prestano soldi, combattiamo draghi spalla a spalla.
Dopo sei mesi qualcosa era cambiato: preferivo ammucchiare cataste di teschi virtuali piuttosto che uscire con gli amici. Ormai il meccanismo era scattato e la mia giornata trasformata in una perversa routine video-ludica: sveglia alle 11, occhiata sulla rete, pranzo, caccia ai lingotti di platino nel pomeriggio. Ore 6: uscita tattica per illudermi di non passare tutto il giorno in casa, cena al sacco e alle 21 e 30 tutti uniti per gli scontri contro gilde di altre parti del mondo!
Recenti studi hanno dimostrato che i MMORPG possono dare dipendenza: portare una persona a giocare anche una media di otto ore al giorno. Capiamoci, non tutti quelli che giocano ne sono affetti, ma un buon 8% di gamers è naturalmente portato a questa sindrome.
Io faccio parte di quella percentuale: quando mi piace un gioco lo continuo fino a finirlo perdendo poi l’interesse, ma come appagarsi con un gioco che non ha fine?! Si precipita nel vortice dei turni del lavoro virtuale, connesso con tutto il mondo ma al tempo stesso chiuso nella tua piccola e squallida esistenza … grande uomo virtuale ma piccolo sorcio reale.
Un dipendente da MMORPG non differisce molto da un tossico di eroina: le reazioni se lo allontani dalla fonte del piacere sono esattamente le stesse … tolta la diarrea ovviamente. Il fenomeno interessa anche l’Italia: i MMORPG sono venduti anche nel bel paese e se, come provato, la percentuale di affetti è fisiologica allora io non sono stato l’unico a correre in questo buio tunnel fatto di pixel, fantasia e ipocrita amicizia.
Pensate sia un fenomeno di poco conto? Vi basti pensare che i giocatori attivi sui server del MMORPG più famoso del momento superano per numero gli abitanti della Lombardia!  Sembra già più inquietante no?

di Luca Di Berardino


Monkey IslandCredete ancora che il videogioco sia una forma di intrattenimento minore?
Non vi preoccupate, questo male non colpisce solo voi.
Ebbene si, perché la nota sindrome del  Videoludus Superficialis prolifera ancora oggi, seppur in maniera molto più lieve.
I sintomi più comuni sono: storcere le labbra di fronte ad una XBOX, accomunare il video-ludo agli adolescenti e rispondere “ no, io solo Camel light “ se qualcuno gli chiede “ ti piacciono gli FPS ?“.
Virus al momento sotto controllo, purulente solo in alcuni gruppi neocons e massoni, era in piena ondata epidemica alla fine degli anni ottanta: sembrava che il videogioco fosse ormai solo un fuoco di paglia, in quanto non riusciva ad offrire niente più di una pallina mangiatrice di pillole o un idraulico con una forte avversione per le tartarughe.
I più famosi Publisher dell’epoca iniziarono a dubitare delle potenzialità del mezzo mediatico e, di conseguenza, le finanze migrarono verso altri lidi.
Ma quando ormai tutto sembrava perso arrivarono due soggetti immuni alle potenzialità del ceppo Superficialis. I grandi del cinema, George Lucas e Steven Spielberg, videro oltre il muro di preconcetti sul videogioco e iniziarono a confluire le loro esperienze nel nuovo mezzo di comunicazione.
The DigCon l’arrivo di fenomeni come Monkey Island e The Dig i due maestri aggiornano un nuovo genere ( l’avventura grafica ); dimostrando inoltre che il videogame non è solo un intrattenimento per bambini, bensì un contenitore in cui far fluire le tecniche delle arti convenzionali ( regia, fotografia, pittura, musica, coreografia ).
E’ proprio l’avventura grafica che fa breccia nel preconcetto comune; a partire dal nuovo tipo di interazione, questo genere si allontana notevolmente dagli standard conosciuti. Non dobbiamo solo saltare e arrivare a fine quadro sperando di non morire; qui bisogna risolvere enigmi e seguire una storia avvincente.
Sfruttando nuove tecniche e nuove tecnologie il videogame si evolve a forma d’arte parassita delle arti convenzionali. Un esempio lampante è Phantasmagoria: un horror game con attori veri; un film interattivo dove la computer grafica riveste solo gli effetti speciali e l’interfaccia.
Perché stigmatizzare il videogioco? Tutto sta nel tipo di fruizione di questo nuovo mezzo mediatico: a differenza delle altre arti impone una fruizione attiva e per poterlo analizzare bisogna interagirci, di conseguenza chi non sa giocare rischia di disprezzarlo.
L’arte del videogioco è destinata a continuare a radicarsi e, come la fotografia percepita all’inizio come forma di pittura “più comoda”, continuerà nel tempo la sua forma di emancipazione dalle altre arti e chi non la capisce … capirà!

di Luca Di Berardino

Piattaforma: PC
Genere: Strategia a turni
Software house: 1c Company
Distributore:
Ubisoft

Fantasy wars 3Da Command & Conquer in poi, i giochi di strategia sono stati sempre fondati sull'azione contemporanea; niente tempo per pensare! Accumula risorse, gonfia l'esercito e spediscilo al macello. Più tempo perdi e più sono alte le probabilità di sconfitta.
Finalmente qualcuno ha deciso di cambiare rotta: niente più corse contro il tempo: Fantasy Wars vi lascerà il tempo di ragionare su ogni mossa grazie ad un sistema a turni che favorisce la tattica a scapito della frenesia.
L'esile background ripesca a piene mani dalle varie saghe fantasy come Il signore degli anelli, Warhammer e Warcraft: la solita guerra infinita fra orchi, umani ed elfi. Ovviamente non è qui che i programmatori vogliono fare colpo; mirano a conquistare quella fetta di videogiocatori che pur amando la strategia si sentono più vicini agli scacchi che ai RTS.
Solo tre eserciti ma ognuno con una infinità di truppe da dividere in  quattro categorie: prima linea come fanteria e cavalleria pesante; seconda linea come arcieri o maghi; incursori che agiranno dietro le linee nemiche e come ciliegina una serie di unità bizzarre come mongolfiere e pterodattili.
Se poi consideriamo i generali che aumentano le statistiche delle unità adiacenti, il terreno che modifica le difese delle truppe e una valanga di abilità speciali per personalizzare le proprie unità, ci accorgiamo di avere tra le mani un prodotto davvero innovativo.
Fantasy wars non teme di andare controcorrente: giocare a turni su una scacchiera esagonale è una scelta coraggiosa e strizza l'occhio ad un pubblico più affezionato ai giochi da tavolo anni ottanta che alle battaglie virtuali. Forse una delle tante opere d'arte videoludiche destinate a rimanere in secondo piano, sormontate da prodotti meno raffinati ma con una grafica all'ultimo grido.

di Luca Di Berardino

Ms.PAC-MANCome nasce una leggenda? Come può un complesso schema di 0 e 1 sopravvivere per più di vent'anni? La risposta è Pac-man: uno dei pionieri dell'arte videoludica, partorito ormai nel lontano 1980, figlio di un programmatore di una famosa ditta del Sol Levante: la Namco. Molte sono le versioni che ruotano intorno al parto intellettuale di Tohru Iwatani. Fonti ufficiali concordano sulla versione della pizza Paku-Paku: pare che in una serata con i colleghi Iwatani abbia coniato l'idea prendendo una fetta dalla gigante pizza ai quattro formaggi in dotazione alla comitiva. Ma come succede spesso alla nascita di un mito, le voci che corrono storpiano parecchio gli eventi realmente accaduti e il fenomeno Pac-man non è da meno: assistiamo a modifiche leggere da parte degli svizzeri, i quali assicurano che l'oggetto in questione non fosse una semplice pizza ai quattro formaggi, bensì una gigante forma di hemmental lavorata a tal punto da sembrare una faccia che azzannasse una montagnetta di miele. Fino alla versione più cruente che parla di debiti, pachinko, e sangue su cui sorvoliamo per limiti di spazio e buon gusto.
La filosofia di fondo è semplice e immediata: correre per chilometri di labirinti bidimensionali mangiando più pillole possibili, evitando i misteriosi fantasmi che vi danno la caccia, e raggranellare punti extra attaverso frutti saltuari e power pills che vi concederanno di passare da prede a cacciatori e vendicarvi degli antagonisti.
in_sala_giochiLa grafica è essenziale e gli schemi ripetitivi non riescono ad eclissare le potenzialità del prodotto. Oltreoceano la Midway lo pubblica in versione da bar e in tal modo il nostro eroe arriva agli utenti di quasi tutto il mondo. Insomma, quello che prima era solo un hobby, si trasforma quasi in racket per il nostro eroe. In quegli anni pulire corridoi dalle pillole rendeva bene, talmente bene che nel giro di qualche anno il nostro Pac assegna alcuni quartieri prima alla moglie incinta e in seguito al figlio ancora in fasce. Molte furono le proteste di chi affermava che il giusto luogo del piccolo fosse a scuola. Il padre si difese affermando che non solo il figlio si annoiava non riuscendo a prendere appunti, ma veniva spesso maltrattato durante le lezioni di dodge-ball per evidenti somiglianze con la palla.
La carriera della pallina mangiatutto è lunga e redditizia, con ben sette anni di sequel che riamalgano la stessa minestra. Sono anni che non producono lo stesso boom di vendite, ma permettono al software di sopravvivere e nel giro di quattro anni di costruire un’intera città e delle protesi per visitarla.
Dopo Pac-land e Pac-mania, nella seconda metà degli anni Ottanta la leggenda cade in torpore e vive di rendita diventando anche mascotte della Namco.
Dopo tutto ciò come si fa a capire se Pac-man è diventato leggenda? Semplice, chiedete a tutte le persone dai 16 ai 45 anni se ne hanno mai sentito parlare. Molti vi diranno sì, altri vi mimeranno il rumore dei fantasmini, altri ancora vi offriranno una fetta di emmenthal. Ma chiunque vi dimostrerà di conoscerlo, apparte Eustachio Botallo, il pizzicagnolo sotto casa cui alla domanda rispose: “Un etto di che?”.

Pac Man - Il film

di Giacomo Ioannisci

È solo un trailer! È solo un trailer! È solo un trailer!
pacmanE sì, la rete a volte fa davvero brutti scherzi. Su YouTube, infatti, è possibile visionare il trailer di Pac-man - The movie. All’inizio facevo fatica anch’io a crederci. Per fortuna che si tratta solamente di un finto trailer realizzato da Scott Gairdner, giovane filmaker californiano che con alcuni amici si diverte a girare parodie di programmi televisivi e roba simile. Il trailer della pallina mangiatutto è comunque divertente e merita assolutamente una visione. Sul web si è rivelato un autentico fenomeno totalizzando oltre un milione e mezzo di visitatori. Per maggiori informazioni sullo stato mentale degli ideatori: www.scottgairdner.com, the black hole of humor. Poi non dite che non vi abbiamo avvertito.

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